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Premessa a “La parola e il segno: Ibsen e Munch” di Luciana Tabarroni

Premessa a "La parola e il segno: Ibsen e Munch" di Luciana Tabarroni

Il testo di Luciana Tabarroni che qui si pubblica deriva in parte dal suo libro del 1979 (oggi di difficile reperibilità) La dimensione del Sogno e della Storia, nella rielaborazione che la stessa autrice curò circa dieci anni più tardi, in previsione di una pubblicazione – che non ebbe esito – sul rapporto tra la grafica di Edvard Munch e il teatro di Henrik Ibsen.

Tutti gli scritti di Luciana Tabarroni (Bologna 1923-1991) sono riferibili, più o meno direttamente, a quello che fu il suo impegno principale negli ultimi trent’anni di vita: la costituzione della collezione di grafica europea del Novecento che nel 2002, poco più di dieci anni dopo la sua morte, venne acquisita dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e destinata al Gabinetto dei Disegni e delle Stampe della Pinacoteca Nazionale di Bologna. Una selezione ne fu esposta a Bologna nel 2003 e a Roma nel 2004, accompagnata da testi in catalogo che illustravano il significato e il valore della raccolta, concepita dalla Tabarroni non come una rassegna di individualità artistiche, ma come un insieme di nuclei organici dedicati alle singole nazioni, nei quali le opere si susseguono cronologicamente secondo la data di nascita degli autori, a esprimere e a documentare il tessuto culturale di specifica appartenenza, pur all’interno della più ampia connotazione europea.

Il volume del 1979 era dedicato proprio a esplicare i criteri adottati nell’ordinamento della collezione e nell’individuazione dei caratteri che formano le identità culturali delle nazioni europee, secondo la particolare metodologia critica di Luciana Tabarroni che si muoveva tra arte, letteratura, musica, storia, antropologia e geografia in una visione del tutto personale, ma sempre supportata dai dati che poteva desumere dalle sue sterminate letture. Le pagine (36-39) dedicate a Munch in quel testo hanno lo scopo di contestarne l’assimilazione all’area dell’espressionismo tedesco – che, a dire della Tabarroni, era sostenuta dai critici meno avveduti – poiché Munch, “oltre a non avere niente di tedesco, ha ben poco anche del mondo espressionista” (pp. 38, 39) e di evidenziarne invece l’inequivocabile discendenza dalle radici norvegesi (delineate alle pp. 45 e 46). L’argomento principale portato a favore di questa tesi è la relazione dell’artista con “il padre” Ibsen, “l’altro grande genio norvegese (…) creatore di tanti e così svariati individui realizzati e compiuti attraverso raffinatissimi, squisiti, coerentissimi passaggi psicologici (…) incrollabili personaggi nella loro coerenza e consequenzialità” (p. 36), alcuni dei quali sono puntualmente messi a confronto nel testo con le figure di Munch. Nel secondo scritto, sostanzialmente immutato per quanto riguarda la strutturazione del rapporto tra i due artisti, si amplia e si approfondisce l’indagine sulle opere grafiche, descritte e commentate dall’autrice con la sua prosa appassionata e incalzante, in cui l’analisi degli elementi formali si affianca all’indagine sui personaggi e sull’ambiente per coglierne l’intima coerenza con i caratteri della psicologia ibseniana e con la forte connotazione drammatica della terra norvegese.

Neppure l’assunto critico di base varia rispetto al testo di origine: Luciana Tabarroni riprende e meglio argomenta la polemica (ormai però del tutto anacronistica) sul Munch espressionista; così come, a conferma di quanto già proposto nel 1979, precisa le ragioni per cui ritiene che egli sia collegabile piuttosto al movimento dello Jugendstil berlinese, anche se la definizione di “artista tipicamente liberty” risulta per lo meno anticonvenzionale nella sua perentorietà. Ma non sono le opinioni critiche di Luciana Tabarroni a motivare, a distanza di venti anni (e di trenta dalla prima, parziale stesura), l’edizione odierna del suo testo. Ciò che lo rende tuttora affascinante è l’essere una perfetta rappresentazione della personalità della collezionista e del suo rapporto con le opere, fondato non tanto sulle teorie costruite nell’ambito degli studi storico-artistici (che, pure, le erano ben presenti), quanto sulle intuizioni che scaturivano dall’osservare la natura, dall’interrogare la storia, dal seguire le tracce delle molteplici espressioni della cultura europea, da lei fermamente ritenute – alte o basse, antiche o recenti che fossero – significative manifestazioni di una indissolubile unità spirituale di fondo. La rivista del Gabinetto dei Disegni e delle Stampe della Pinacoteca Nazionale di Bologna, dove è conservata la sua raccolta, appare dunque la sede più consona ad accogliere un testo che si configura come esemplificazione efficace degli interessi, degli studi e dei percorsi di Luciana Tabarroni e può considerarsi l’ultima testimonianza da lei consegnataci  della passione che sempre la animò nel suo ‘mestiere’ di collezionista.

Nota bibliografica

Pubblicazioni di Luciana Tabarroni: La dimensione del Sogno e della Storia. Per una collezione di grafica contemporanea europea, Milano, 1979; William Nicholson, guida della mostra, Bologna, 1983; La guerra europea 1914-18 raccontata dai suoi grafici, Bologna, 1985; Leo Maillet, Bologna, 1985; Una personalità disgregata, in Incisioni originali italiane e straniere, catalogo n. 204, Reggio Emilia, 1991; La grafica svizzera del XX secolo (1987-88), Bologna, 1993.

Mostre dedicate alla collezione: L’Europa a Bologna. Grafica del ‘900 dalla Collezione Luciana Tabarroni, catalogo della mostra a cura di J. Bentini in collaborazione con F. Farneti (Bologna, 2003), Venezia, 2003; L’Europa nella grafica del ‘900. La collezione Luciana Tabarroni della Pinacoteca Nazionale di Bologna, catalogo della mostra a cura di J. Bentini, M. Faietti, F. Farneti, (Roma 2004), Venezia, 2004.

Indice
Fabia Farneti
Premessa a “La parola e il segno: Ibsen e Munch” di Luciana Tabarroni
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