Analisi materiale del volume “Stampe di Giulio Bonasoni pittore e intagliatore” della Pinacoteca Nazionale di Bologna
Analisi materiale del volume "Stampe di Giulio Bonasoni pittore e intagliatore" della Pinacoteca Nazionale di Bologna
Sotto il profilo materiale, gli 81 volumi in folio della cosiddetta “grande collezione”del Gabinetto dei Disegni e delle Stampe della Pinacoteca Nazionale di Bologna, si suddividono in 45 tomi con timbro Lambertini sulla coperta, provenienti dal nucleo donato dal papa nel 1751, e in 36 volumi con legatura priva dello stemma papale, realizzati in seguito, in particolare tra il 1790-93 e il 1798-99 dopo l’acquisto della raccolta Savioli da parte dell’Istituto delle Scienze. [1]Abbreviazioni archivistiche: ASBo: Archivio di Stato di Bologna; BUB: Biblioteca Universitaria di Bologna. Per le notizie relative alle diverse donazioni che confluirono nella raccolta nel corso del secolo XVIII e per i diversi interventi a cui vennero sottoposti i volumi nel medesimo secolo, si veda il saggio di E. Rossoni, Nuovi studi sulla collezione di stampe della Pinacoteca Nazionale di Bologna, in questo numero della rivista, a cui si rimanda anche per la bibliografia precedente. Tutti i documenti archivistici sotto citati mi sono stati segnalati da Elena Rossoni. Tra gli 81 tomi della "grande collezione" sono conservati altri due volumi, il 35a ed il 36a, in mezza pergamena con l’intestazione manoscritta contenenti raccolte unitarie di stampe in formato in folio.
I volumi provenienti dalla donazione del 1751, più precisamente i tomi contrassegnati dal numero 9 al numero 14, dal numero 19 al numero 35, dal numero 37 al numero 41, dal numero 51 al numero 52, dal numero 54 al numero 67 e dal numero 70 al numero 71, [2]Gaeta Bertelà 1970, pp. 23-24 si presentano tutti “legati con profili e imprese di Sua Santità posti a oro, coll’intitolazioni al di fuori di ogni volume, e colle armi di Sua Santità impresse esteriormente sopra l’uno e l’altro cartone, e interiormente sopra ciascun intaglio colle fogliature e numerate a ciascun volume (…)”, così come indicato nel documento di resoconto inviato al papa da coloro che, nell’Istituto delle Scienze, ne hanno curato per suo volere la legatura. [3]ASBo, Assunteria di Istituto, Atti, n. 4, cc. 1272-1276; ASBo, Assunteria di Istituto, Lettere dell’Istituto, n. 3, 13 novembre 1751; ASBo, Assunteria di Istituto, Diversorum, b. 23, f. “Ricevute di libri”; ASBo, Assunteria di Istituto, Diversorum, Biblioteca, b. 21, f. 12. Per un commento del documento, si veda E. Rossoni, Nuovi studi sulla collezione di stampe della Pinacoteca Nazionale di Bologna, in questo numero della rivista. La coperta in “vacchetta rossa”, [4]ASBo, Assunteria di Istituto, Diversorum, Biblioteca, b. 23, 26 gennaio 1752. di dimensioni medie di mm 450×600, è sempre caratterizzata dallo stemma dorato del papa impresso al centro dei piatti anteriore e posteriore, in due forme diverse, inserito entro una doppia cornice costituita all’esterno da un merletto dorato e all’interno da doppio filetto impresso a secco. Sull’intera superficie del dorso e dei piatti un motivo a losanghe eseguito a secco movimenta la superficie esterna della legatura.
Piatto anteriore del volume 11 con timbro Lambertini, Stampe bolognesi del Cignani Pasinelli et altri © Bologna, Pinacoteca Nazionale, Gabinetto Disegni e Stampe
Le stampe contenute in questi volumi recano per la gran parte il timbro ad inchiostro nero, presente solamente sulle stampe donate nel 1751, [5]I timbri tagliati, visibili sulle pagine dei volumi con timbro Lambertini, sono il risultato del distacco della stampa operato, nella maggior parte dei casi, all’interno delle operazioni di riordino eseguite negli anni successivi. e si presentano fissate solo lungo i bordi a fogli marcati da numerose filigrane, in gran parte appartenenti a cartiere bolognesi della seconda metà del secolo. [6]Bellettini 1996.
I 36 volumi privi del timbro Lambertini, diversamente, possono essere suddivisi sotto il profilo strutturale in quattro gruppi.
I Tomi 12 e 36 hanno coperte in mezza pelle con piatti in cartone rivestiti di carta rossa che costituiscono quasi certamente legature provvisorie. Entrambi hanno il dorso in pelle di vitello con il titolo dorato impresso, uguale ai volumi realizzati nel 1751, ma la mancanza di timbri Lambertini integri sulle pagine dei fascicoli, oltre alla presenza di numerose filigrane collocabili nella prima metà del secolo, accomunano i due volumi al tomo 132 dedicato alle Stampe bolognesi lascive di Agostino Carracci ed altri autori, sicuramente realizzato nel 1756. [7]La realizzazione del volume è testimoniata negli Atti dell'Assunteria del 1756 (ASBo, Assunteria di Istituto, Atti, n. 5, c. 52).
I volumi 6 e 8 dedicati ad Annibale Carracci, il 7 con stampe di Agostino Carracci, [8]Esiste un quarto volume - il Tomo 13 - dedicato interamente a Ludovico Carracci il quale, diversamente dagli altri tre, presenta il timbro Lambertini sulla coperta e contiene fogli con il timbro Lambertini intero. Scorrendo la Nota di diverse stampe legate in numero 50 Tomi, che si presenta alla Santità di Nostra Signoria, l’elenco dei volumi della prima donazione fatti rilegare dal papa Lambertini - ASBo, Assunteria di Istituto, Diversorum, Accademia Clementina, b. 31, f. 15 - è possibile osservare la mancanza di un volume dedicato interamente ad Annibale, mentre esistevano due volumi dedicati rispettivamente ad Agostino e a Ludovico. Nell’elenco della donazione del 1756 risulta un tomo dedicato ad Annibale Carracci: “Le Arti di Bologna intagliate da Simone Vicentino” oggi non presente nella collezione. il 53 di
“Stampe diverse Fiamminghe ed Olandesi prima di Van Dyck (…)”, e il 69, di “Stampe francesi di Le Brun e Bourbon (…)” hanno una coperta in piena pelle maculata, decorata con doppio filetto a secco, assai simile alla legatura dei volumi di autori tedeschi privi del timbro Lambertini. Ma i cinque tomi mostrano varianti di rilievo rispetto ai volumi oltramontani. [9]Sono i sette volumi (43, 44, 45, 46, 47, 48, 49) del terzo sottogruppo che verranno analizzati più approfonditamente nella terza parte dell’articolo. In primo luogo il cuoio è di colore più scuro, di qualità più grossolana e privo della decorazione a losanghe impressa a secco sulla maggior parte dei tomi della grande collezione. Inoltre si possono osservare, lungo i bordi dei piatti, le tracce di fermagli oggi completamente scomparsi, non riscontrabili in altri volumi della “grande collezione”.
Dorso del volume 6, Stampe bolognesi di Annibale Carracci © Bologna, Pinacoteca Nazionale, Gabinetto Disegni e Stampe
Ma le diversità più importanti sono costituite dal dorso in pelle di vitello con il titolo impresso in oro, diverso dai volumi senza timbro ma comune ai tomi della prima donazione, e dall’impiego della stessa carta filigranata contemporaneamente nelle sguardie, nel frontespizio e nei fogli che conservano incollate le stampe. Ciò induce a ritenere che la stessa maestranza si sia occupata contemporaneamente del montaggio delle opere sui fogli, della piegatura e cucitura dei fascicoli e della realizzazione della coperta, circostanza piuttosto inusuale nella “grande collezione”. La carta utilizzata in questi volumi è marcata con il monogramma “L G” sormontato da un leone rampante ai piedi di un albero. [10]Il Tomo 8 mostra, diversamente dagli altri quattro, carte filigranate con la balestra rilevate nei volumi della prima donazione, ma è da escludere la sua appartenenza a tale gruppo per la mancanza totale sui fogli interni dei timbri interi del papa Lambertini che caratterizzano invece i tomi di quel periodo. La presenza della filigrana con il monogramma "L G" sormontato da un leone rampante ai piedi di un albero nelle sguardie e nel frontespizio, porta a ritenere che la legatura dei fogli sia avvenuta contemporaneamente agli altri quattro tomi contrassegnati dal medesimo marchio filigranato. La stessa filigrana è stata individuata all’interno del Gabinetto dei Disegni e delle Stampe su un’incisione di Francesco Rosaspina (PN 35210) datata 1784, in alcuni tomi in folio con timbro Lambertini e nei volumi della “piccola collezione”. Ciò rende plausibile supporre che la loro produzione sia avvenuta tra la seconda donazione Lambertini e l’acquisto della collezione Savioli, ipotesi confermata, peraltro, dall’ Indice generale delle stampe Bolognesi: o sia di Benedetto XIV e di altre Raccolte fatte da diversi, redatto dal bibliotecario Montefani prima del 1785, [11]Si veda il saggio di E. Rossoni, Nuovi studi sulla collezione di stampe della Pinacoteca Nazionale di Bologna, in questo numero della rivista. nel quale sono presenti i cinque tomi sopraccitati. Tale dato, ad ogni modo, non esclude un eventuale inserimento di nuove stampe provenienti dall’acquisto della raccolta Savioli tra i fogli dei volumi. Il volume 69, ad esempio, viene citato nell’elenco di 13 volumi sottoposti ad una nuova operazione di riordino verso la fine del secolo e documentata dalla seguente ricevuta del bibliotecario Antonio Magnani datata 30 gennaio 1798:
“ Stampe Fiorentine di Stefano della Bella Tomi 2; Stampe Francesi di Giacomo Callotti Tomo 1;Stampe Lombarde di Antonio Allegri da Correggio Tomo1; Stampe Lombarde di Polidoro da Caravaggio Tomo 1; Stampe Lombarde di Andrea Mantegna mantovano Tomo1; Stampe Francesi Niccolò Pussino Tomo1; Stampe Francesi di F. Vanquer ed altri Tomo1; Stampe Francesi di Simon Vuet di Parigi Tomo1; Stampe Olandesi di Cornelio Cort d’Ornes Tomo1; Stampe Fiorentine di Pietroda Cortona Tomo1; Stampe Olandesi di Nicola de Bruin Tomo1; Stampe Francesi di Carlo le Brun e Sebastiano Bourdon Tomo1.
Dal S. Vin.zo Marchi a dì 30 Gennaro 1798. A nome della central amministrazione del Reno nella pubblica libreria dell’Istituto Nazionale ricevo io infrascritto i sottoscritti tredici volumi di stampe. In fede dico 13 volumi in fol. D. Antonio Magnani Bibliotecario. [12]ASBo, Assunteria di Istituto, Diversorum, b. 23.
Ad esclusione del tomo dedicato a “Stampe francesi di Carlo le Brun e Sebastiano Bourdon”, l’attuale 69, i restanti dodici volumi recano tutti il marchio Lambertini sulla legatura.
Il gruppo numericamente più consistente tra i volumi privi del timbro Lambertini è costituito dai 22 tomi caratterizzati da un elemento formale che li accomuna: i fascicoli interni sui quali risultano incollate le stampe sono per la maggioranza marcati in trasparenza con il monogramma “G F” inserito all’interno di uno scudo e dalla contromarca “IMPERIAL” con le tre lune crescenti, una filigrana della fine del ‘700. [13]Chemelli e Lunelli 1989. Quasi sicuramente i tomi furono realizzati durante la risistemazione della collezione operata, conseguentemente all’acquisto della raccolta Savioli, tra il 1790 e il 1798 e che comportò un nuovo riassetto dell’intero corpus dei volumi. Vi appartengono i tomi numerati dal numero 1 al numero 5, dal numero 15 al numero 18, dal numero 43 al numero 49, dal numero 72 al numero 75, ed i numeri 50 e 68.
Il Tomo 42, che contiene la serie delle riproduzioni dei disegni del Parmigianino eseguita da Francesco Rosaspina e Carlo Bianconi, ha una legatura recuperata da un volume diverso come testimoniato dall’etichetta sul dorso riportante la scritta abrasa “Stampe di Alberto Durer”. Esteticamente la coperta riconduce ai tomi tedeschi senza timbro Lambertini, su cui torneremo, ma il diverso colore della pelle, così come alcuni elementi strutturali nella legatura, rendono il volume 42 estraneo al gruppo. Le filigrane delle sguardie, ad ogni modo, inquadrano l’esecuzione alla fine del ‘700.
L’ultimo gruppo dei volumi senza effigie papale è rappresentato dalle cinque appendici costituite dai Tomi 76, 77, 78, 80 e 81, di formato maggiore (mm 860×580) rispetto agli altri tomi della “grande collezione”, tutti rilegati in mezza pelle maculata assai rovinata, con piatti in cartone ricoperti di carta, anch’essa decorata a macchie più scure. All’interno le stampe di vari autori dalle grandi dimensioni, spesso ripiegate più volte su se stesse, sono fissate su fogli dalle filigrane diverse, alcune riscontrate nei volumi con marchio Lambertini, ma nella maggior parte dei casi collocabili alla fine del ‘700. E’ ragionevole presumere che la loro esecuzione sia stata effettuata alla fine del secolo per sistemare quelle opere che per dimensione non potevano rientrare nei volumi ordinari della “grande collezione”.
Di uguale formato alle Appendici è il Tomo 79 segnalato nell’inventario di Gaetano Roncagli, redatto intorno alla metà dell’Ottocento, come tomo unico contenente stampe di autori di scuola italiana e straniera; diversamente dai precedenti, si presenta rilegato in piena pelle con piatti di cartone, assai simile ai volumi tedeschi senza timbro papale. [14]Faietti 1983, pp. 67-71. Allo stato attuale delle ricerche, la collocazione temporale della sua realizzazione materiale appare non del tutto chiara. Il volume è già citato nell’ Indice generale delle stampe Bolognesi (…), [15]Si veda il saggio di E. Rossoni, Nuovi studi sulla collezione di stampe della Pinacoteca Nazionale di Bologna, in questo numero della rivista. redatto dal Montefani negli anni precedenti al 1785, relativo ai 62 volumi della “grande collezione” allora presenti presso la Regia Biblioteca, ma l’attuale legatura e le filigrane al suo interno tendono a postdatare la sua creazione agli ultimi anni del ‘700. Tale aspetto necessita comunque di essere analizzato in modo più approfondito attraverso un esame filologico che coinvolga simultaneamente sia le opere conservate all’interno del volume che le carte impiegate nei fascicoli.
Volume 1: "Stampe bolognesi di Giulio Bonasoni"
Il volume 1 è il primo della serie. Il libro di dimensioni mm 625x980x45 [16]La dimensione indicata è a libro aperto. presenta una coperta in cartone spessa mm 5 in mezza pelle marmorizzata secondo il gusto del periodo, [17]Petrucci Nardelli 1989, p.47. con dorso e angoli larghi mm 95 di base e mm 50 in altezza, in vitello assai simile a quello dei volumi con timbro Lambertini. Un austero doppio filetto impresso a secco largo mm 20, inquadra i due piatti.
Particolare della decorazione nei piatti anteriori del volume 1, Stampe di Giulio Bonasoni pittore e intagliatore e del volume 11, Stampe bolognesi del Cignani Pasinelli et altri © Bologna, Pinacoteca Nazionale, Gabinetto Disegni e Stampe
La coperta è interessata da un restauro ottocentesco che ha coinvolto gran parte dei volumi della “grande collezione”, eseguito molto probabilmente per porre rimedio a problemi conservativi causati dal trattamento a maculatura, ottenuto per mezzo di sostanze degradanti nei confronti del cuoio, e dalla continua consultazione degli stessi.
Il dorso, privo di nervature e staccato dalla legatura, è decorato con un motivo a losanghe impresso a secco che riprende un elemento ornamentale osservabile anche sui tomi con timbro Lambertini. In alto tra la lettera “T” e la scritta a lettere maiuscole dorate, impresse con punzoni più grandi rispetto al dorso dei volumi della prima donazione, è incollata un’etichetta di mm 45×33 in carta verde, bordata da un nastro dorato che corre su tutto il perimetro e reca impresso il numero “I”, anch’esso dorato. [18]Sono state abrase le due aste laterali per trasformare il numero romano da tre a uno. Una piccola decorazione a festoni chiude il titolo.
Particolare delle etichette nei dorsi del volume 11, Stampe bolognesi del Cignani Pasinelli et altri e del volume 1, Stampe di Giulio Bonasoni pittore e intagliatore © Bologna, Pinacoteca Nazionale, Gabinetto Disegni e Stampe
Internamente, le sguardie sono realizzate con una carta color avorio di spessore di mm 20, recante una filigrana di un animale (forse un bue) inscritto in un cerchio, sormontato da una stella a sei punte e sovrastante la lettera “M”.
Filigrana delle sguardie del volume 1, Stampe di Giulio Bonasoni pittore e intagliatore © Bologna, Pinacoteca Nazionale, Gabinetto Disegni e Stampe
Sulla sguardia anteriore è osservabile, in alto al centro, la scritta ad inchiostro della vecchia collocazione negli spazi della Regia Biblioteca che sino al 1881 hanno accolto la collezione, mentre la scritta a matita in alto a destra è attribuibile a Paul Kristeller, che la riportò, probabilmente, durante la nuova sistemazione della collezione alla fine del secolo XIX.
Particolare delle scritte sulla sguardia anteriore del volume 1, Stampe di Giulio Bonasoni pittore e intagliatore © Bologna, Pinacoteca Nazionale, Gabinetto Disegni e Stampe
Il frontespizio, che reca ad inchiostro metallogallico l’iscrizione “Stampe di Giulio Bonasoni Pittore Intagliatore (…)” e il timbro ad inchiostro verde della Pontificia Biblioteca di Bologna, è stato realizzato su carta color avorio, di spessore mm 0,15, a sua volta contrassegnata da una filigrana raffigurante un drago su tre monti accompagnato dalla contromarca “Panzano”. [19]La medesima filigrana è stata individuata da Fiammetta Galloni su due disegni attribuiti a Luigi Zampa (1770-1836), conservati presso il Gabinetto dei Disegni e delle Stampe della Pinacoteca di Bologna (inv. 1787, inv. 3820). Una filigrana analoga, raffigurante il drago su tre monti sovrastante la contromarca Panzano entro un cartiglio, è stata rilevata in un disegno di Anonimo attivo tra XVIII e il XIX conservato presso la Biblioteca Civica d’Arte Luigi Poletti di Modena e presso l’Archivio di Stato di Bologna tra le carte e i disegni dell'archivio privato Ranuzzi, 1796 (Modena 2001). Pierangelo Bellettini ci informa dell’esistenza di un mulino da carta presso Panzano di Castelfranco in attività nel corso del ‘700 (Bellettini 1987, p.19). Sono presenti anche otto fogli vuoti prodotti con lo stesso tipo di carta, probabilmente inseriti dal legatore su indicazione dei curatori per creare uno spazio dove sistemare i futuri acquisti.
Particolare della filigrana nel frontespizio del volume 1, Stampe di Giulio Bonasoni pittore e intagliatore © Bologna, Pinacoteca Nazionale, Gabinetto Disegni e Stampe
Oltre alle sguardie, al frontespizio e ad alcune pagine vuote, all’interno del volume sono osservabili i ritagli dei fogli che contenevano le stampe di Bonasone rimosse da Kristeller. Sui frammenti dei fogli, in diversi casi, viene riportata la scritta “N (…) esposta”, ad attestare che l’opera fu esposta nel corridoio delle incisioni della Regia Pinacoteca di Bologna. [20]Cfr. Guadagnini 1899, p. nn.; Guadagnini 1906, p. 132; Malaguzzi Valeri 1925, pp. nn.; Mauceri 1935, pp. 203-204; Rodriquez 1957, p. 141.
Particolare dei ritagli dei fascicoli riportanti le annotazioni di Kristeller nel volume 1, Stampe di Giulio Bonasoni pittore e intagliatore © Bologna, Pinacoteca Nazionale, Gabinetto Disegni e Stampe
Esaminando i resti dei fascicoli ritagliati all’interno del volume, si può notare come i fogli delle stampe venissero piegati e cuciti quasi sempre in gruppi di tre, lasciando un risvolto di mm 20-25 che, come si è potuto osservare in diversi tomi non smontati, è servito da appoggio per l’inserimento di nuove pagine. I fogli della dimensione di mm 620 x 460 sono stati rifilati con lo scopo di adeguare il formato a quello dei volumi Lambertini del 1751 realizzati in foglio reale. [21]Il formato Reale, così come appare indicato nell’epigrafe della tipografia bolognese “Merlani” in via Accursio, risalente al 1398, è di mm. 615 x 345 (Briquet 1907, pp. 2-3). Chiude infine le due estremità del dorso, un capitello eseguito con due fili, uno bianco e l’altro blu,completamente assente nei volumi con marchio Lambertini.
Particolare del volume 11, Stampe bolognesi del Cignani Pasinelli et altri e del volume 1, Stampe di Giulio Bonasoni pittore e intagliatore © Bologna, Pinacoteca Nazionale, Gabinetto Disegni e Stampe
Le 155 stampe, [22]Si veda il saggio di E. Rossoni, "Stampe di Giulio Bonasoni pittore e intagliatore", in questo numero della rivista. che costituivano il volume 1 e che fanno parte delle 3.250 distaccate dallo studioso tedesco durante l’opera di riordinamento della collezione, sono oggi conservate sciolte in cartelle oppure montate all’interno dei passe-partout, prodotti prevalentemente negli anni Settanta del Novecento e collocate in cassettiere. [23]Faietti 1990, p. 59. Allo stato attuale, 84 stampe risultano ancora incollate sul cartoncino dei fogli del tomo mentre un discreto numero delle restanti è stato trattato nel seguente modo a fine Ottocento dall’allora direttore della Pinacoteca, il professore Anacleto Guadagnini:
”Tolta dal volume la stampa (…) viene lavata e smacchiata con estrema precauzione; poi la si spiana e si attacca sopra un cartone (più o meno forte, o a passe-partout, secondo il valore ed il genere dell’incisione) per mezzo di strisce di carta finissima, in modo che possa essere staccata, se occorre, agevolmente e senza danno (…)”. [24]Kristeller 1896, pp. 397-400.
L’analisi visiva delle stampe non sempre conferma la delicatezza e la diligenza di chi ha rimosso le opere dalle pagine del volume: diverse infatti sono quelle interessate da abrasioni e da strappi del supporto provocati da distacchi non troppo corretti, [25]Vedi PN 1728, 21411, 1741, 1724, 1723, 1715, 21554, 21410, 1775. mentre alcune recano i segni di lavaggi molto pesanti. [26]Vedi PN 1721, 21413, 2365, 1779. Sono comunque numerosi i restauri anteriori all’intervento di Kristeller e di Guadagnini costituiti prevalentemente da ricostruzioni di parti mancanti attraverso frammenti di carta ritoccati ad inchiostro, qualitativamente piuttosto scarsi tranne qualche raro caso.
Particolare relativo ad un restauro antico, Giulio Bonasone, Circe, bulino, mm 201×193, inv. PN 1710 © Bologna, Pinacoteca Nazionale, Gabinetto Disegni e Stampe
Varie sono le stampe del volume 1 recanti i segni dell’intervento di inventariazione e conservazione di Kristeller: le stampe con le brachette di carta “finissima” che riprendono un principio conservativo ancora attuale, sono 5. La stampa PN 21489 risulta ancora fissata ai quattro angoli sul cartoncino marrone utilizzato come supporto per l’esposizione delle opere all’interno della Regia Pinacoteca.
Verso della stampa con le brachette di carta applicate alla fine del ‘800, Maestro del Dado, I fiumi consolano il fiume Penneo, bulino, mm 242×178, inv. PN 23991 © Bologna, Pinacoteca Nazionale, Gabinetto Disegni e Stampe
Le stampe interessate dal timbro Lambertini sono 119. Su queste stampe il timbro è osservabile sempre spezzato dal momento che esse furono rimosse dai fogli del volume III dei Bolognesi, dove vennero incollate nel 1751 insieme alle opere dedicate a Francesco Francia e al Primaticcio, al fine di creare un volume interamente dedicato all’autore. [27]Nota di diverse stampe legate in numero 50 Tomi, che si presenta alla Santità di Nostra Signoria ASBo, Assunteria di Istituto, Diversorum, Accademia Clementina, b. 31, f. 15. Si veda il saggio di E. Rossoni, "Stampe di Giulio Bonasoni pittore e intagliatore", in questo numero della rivista.
Tutte le stampe recano, sul verso o sul recto, il numero a matita della scheda mobile del “Catalogo Provvisorio” redatto da Kristeller, sempre accompagnato dal numero ad inchiostro o a matita dell’inventario tipologico – PN – assegnato ad ogni singola stampa dal Culcasi a partire dal 1917. Spesso è possibile riscontrare anche il numero a matita preceduto dalla lettera “B” dell’inventariazione iniziata nel 1970 con il finanziamento della “Associazione per le Arti Francesco Francia”.
Particolare con timbro Lambertini tagliato e con le annotazioni manoscritte, Giulio Bonasone, Amore mostra Dafne ad Apollo, bulino, mm 161×113, inv. PN 1769 © Bologna, Pinacoteca Nazionale, Gabinetto Disegni e Stampe
Le opere ancora incollate ai resti delle pagine del volume ritagliato presentano in alto a sinistra, ed in basso a destra del controfondo, un numero d’inventario ad inchiostro annotato dal Roncagli per la redazione del “Documento D”. [28]Si veda il saggio di E. Rossoni, Nuovi studi sulla collezione di stampe della Pinacoteca Nazionale di Bologna, in questo numero della rivista.
Particolare del “Documento D” redatto da Gaetano Roncagli sulla pagina relativa al volume 1, Stampe di Giulio Bonasoni pittore e intagliatore © Bologna, Pinacoteca Nazionale, Gabinetto Disegni e Stampe
Tutti i frammenti dei fogli incollati in pieno sul verso delle stampe mostrano la medesima filigrana già rilevata da Fiammetta Galloni nei controfondi di stampe tedesche della medesima collezione. [29]Galloni 1993. Si tratta di un monogramma costituito dalle lettere “G” e “F” inscritte entro uno stemma sormontato da una corona, con contromarchio “IMPERIAL”, sovrastato da tre lune crescenti dalla falce sottile.
Filigrana con contromarchio utilizzata nei fascicoli del volume 1, Stampe di Giulio Bonasoni pittore e intagliatore © Bologna, Pinacoteca Nazionale, Gabinetto Disegni e Stampe
Galloni attribuisce la filigrana alla cartiera di Giuseppe Fedrigoni, attiva dal 1717 sino al 1837 a S. Colombano a Trambilleno (Rovereto); Aldo Chemelli e Clemente Lunelli, in Filigrane trentine, [30]Chemelli e Lunelli 1989. pubblicano tavole di filigrane della cartiera, simili a quella riscontrata nei controfondi della collezione Lambertini, tutte riportabili ad un arco cronologico che va dal 1780 al 1818. Lo scudo accompagnato dalla corona entro il quale è stato inserito il monogramma è attribuibile al casato austriaco che in quel periodo dominava il Trentino, mentre il contromarchio “IMPERIAL” con le tre falci di luna si riferisce al formato, al tipo [31]Il formato imperiale alla fine del ‘300 è di mm 740x500 (Briquet 1907). Nel ‘700, in area veneta, è leggermente più grande, mm 780x550, ma la dimensione del foglio può variare di qualche centimetro a seconda delle modalità di asciugatura o conservazione (Mattozzi 1996). L’ampiezza delle falci della luna fornisce informazioni relative alla natura della carta, più è sottile, migliore è la qualità del prodotto (Chemelli e Lunelli, 1989). ed all’area di esportazione della carta. [32]I produttori veneti si erano specializzati nella fabbricazione di carte con proprietà idonee agli usi delle cancellerie dell’impero Ottomano, nei generi imperiale, sottoimperiale e reale (Mattozzi 1996).
Filigrana, particolare del contromarchio, volume 1, Stampe di Giulio Bonasoni pittore e intagliatore © Bologna, Pinacoteca Nazionale, Gabinetto Disegni e Stampe
Ivo Mattozzi, nel catalogo di filigrane venete dal 1767 al 1797, [33]Ibidem. indica altre tre cartiere venete che nel ‘700 fanno uso del monogramma “G F”: più precisamente Gaudenzio Fossati Toscolano (attivo nel 1768), Giacomo Florian Pezzan (attivo a Treviso nel 1782), Giuseppe Filippini (attivo nel 1782). [34]A partire dal luglio 1767 le marche filigranate divennero obbligatorie nelle cartiere dello Stato Veneto con lo scopo di controllare la qualità del prodotto messo in commercio (ibidem).
I rapporti tra il tomo 1 e i 22 volumi realizzati in seguito all'acquisto della raccolta Savioli
Come è possibile desumere dalla descrizione esposta precedentemente, il Tomo 1, sotto il profilo formale, rientra nel gruppo dei 22 volumi privi del timbro Lambertini caratterizzati dalla presenza della filigrana tardo settecentesca raffigurante il monogramma “G F” nello scudo seguito dalla contromarca “IMPERIAL” e dalle tre lune crescenti, sui fascicoli che supportano le stampe al loro interno. Questo dato comune tra i 22 tomi rende verosimile ritenere che il montaggio delle opere sui fogli sia avvenuto in un arco di tempo piuttosto ridotto, quale risulta essere stato il periodo della riorganizzazione della collezione tra il 1790-92 e il 1798-99.
L’acquisto della raccolta Savioli da parte dell’Istituto delle Scienze, infatti, spinse l’Assunteria, alla fine del 1790, ad intraprendere un’operazione di riordino dell’intera collezione che fu affidata alla direzione del conte Ercole Orsi, estimatore e collezionista di stampe bolognesi, [35]Si veda il saggio di E. Rossoni, Nuovi studi sulla collezione di stampe della Pinacoteca Nazionale di Bologna, in questo numero della rivista. affiancato nell’opera da due importanti commercianti di stampe, Giovanni Antonio Armano e Giuseppe Stampini. Sarà il mercante bolognese Stampini ad essere coinvolto maggiormente nel lavoro di “assestamento dei tomi e legature delle stampe” [36]ASBo, Assunteria, Istituto, Diversorum, Atti n. 9, c. 138, 24 novembre 1791. Attraverso la lettura dei documenti si evince che le operazioni di “tiratura” delle stampe e di legatura dei fogli vennero affidate a due maestranze diverse che, in questa prima fase, ci rimangono sconosciute. Sappiamo che tali interventi erano eseguiti in locali interni all’Istituto. della “grande collezione”, come la lettura degli atti mette in luce, ma è assai probabile che l’acquisto di un certo quantitativo di carta “ fatta venire in più volte da Venezia” [37]Spese fatte per conto dell’Istituto delle Scienze dalli 9 Giugno 1791 a tutto li 7 Decembre 1792 rapporto alla riordinazione delle Stampe, ASBo, Assunteria di Istituto, Diversorum, b. 21, f. 35. La decisione di acquistare carta veneziana anziché bolognese può essere conseguenza della volontà di scegliere carta di migliore qualità come supporto alle preziose stampe della collezione. per l’operazione di sistemazione delle stampe, prenda il via da un suggerimento dello “stimato” studioso Armano, fiorentino di adozione ma originario della Repubblica Veneta, tanto da essere identificato con l’appellativo “Il veneziano”. Sulla base di tale dato archivistico è possibile identificare la carta di provenienza veneta con quella filigranata con lo scudo e il monogramma “F G” affiancato alla scritta “IMPERIAL” e alle tre lune.
Particolare della filigrana utilizzata nei fascicoli del volume 1, Stampe di Giulio Bonasoni pittore e intagliatore © Bologna, Pinacoteca Nazionale, Gabinetto Disegni e Stampe
Alla fine del 1792 l’Assunteria decise d’interrompere l’operazione di riordino delle stampe per mancanza di fondi; [38]“Si sospenda il proseguimento della tiratura ne Libri delle residuali stampe, che rimangano ad ordinarsi, finché non trovansi modo di supplire alla spesa" (cfr. ASBo, Assunteria di Istituto, Diversorum, Atti n. 9, 156v, 13 dicembre 1792). i lavori vennero ripresi nel 1798, questa volta sotto la direzione di Vincenzo Martinelli, segretario dell’Accademia Clementina, affiancato da Francesco Rosaspina, conoscitore e ammiratore della raccolta al punto da incrementarla con la donazione di alcune stampe della sua collezione personale. [39]ASBo, Assunteria di Istituto, Diversorum, Atti n.10, 18 novembre 1794, 8 gennaio 1795. In questa seconda fase del riordinamento la stiratura delle stampe venne realizzata fuori dall’Istituto [40]ASBo, Assunteria di Istituto, Atti della Deputazione, n.11, 13 novembre 1799. dal sig. Palmieri “che oltre l’esser questi di tutta fidatezza, se gli danno però le stampe numerate e contrassegnate con sigillo; che poi la legatura dovrà farsi nell’Istituto, e si è pensato al luogo dove stia il legatore custodito, e sotto l’ispezione del custode”. Il legatore, diversamente, verrà messo a disposizione dalla stamperia Sassi [41]I Sassi, che costituirono una delle maggiori imprese tipografiche bolognesi del ‘700, furono oltre che tipografi camerali anche fornitori ufficiali di carta per il Senato, per le Assunterie e per le varie amministrazioni governative attraverso la gestione dei mulini cittadini di Stradello e Buca (Bellettini 1987). La tipografia fondata da Antonio e Giovanbattista nel 1725 attraverso l’acquisto della stamperia Benacci, anch’essi stampatori camerali, sarà portata avanti dal figlio di Antonio, Clemente Maria, sino al 1770, e in seguito dal nipote Giovanbattista che ne manterrà il possesso sino alla morte, avvenuta nel 1797. Per l’intero secolo l’attività della tipografia si specializzerà in pubblicazioni minori quali avvisi a stampa, stampe su commissione, lunari, calendari e di tutto ciò che aveva copertura economica essendo questi poco inclini ad intraprendere operazioni finanziarie rischiose. Alla fine del ‘700 l’intero patrimonio costituito dalla tipografia e dal mulino da carta sarà venduto ai conti Rusconi che ne manterranno la proprietà sino al 1860 sotto il nome di “Eredi Sassi” (Sorbelli 1929, pp. 175-201; Tavoni 1987, pp. 91-152). ed opererà presso l’Istituto in uno spazio chiamato “officina del Bruni nel piccolo cortile della Chimica”. [42]ASBo, Assunteria di Istituto, Atti della Deputazione, n.11, 31 marzo 1800. Non è dato sapere se l’operazione di legatura abbia coinvolto anche stampe “stirate” nella precedente sistemazione ma non legate.
Sappiamo attraverso Martinelli che il bibliotecario Pedivilla consegnò nel 1798, oltre a ventiquattro volumi e rotoli di stampe volanti, [43]ASBo, Assunteria di Istituto, Atti della Deputazione, n.11, 3 ottobre 1799. varie cartelle sicuramente contenenti stampe ma non è chiaro se già collazionate e fissate ai fogli. Nel resoconto del 3 ottobre 1799, firmato da Martinelli e Rosaspina, è riportato l’acquisto di carta imperiale anche in questa seconda fase della sistemazione della collezione, ma non è fornita nessuna indicazione sulla sua provenienza.
Le interruzioni e le riprese del lavoro di riordinamento dei volumi comportarono, in qualche modo, delle differenze materiali nei tomi le quali, sulla base delle conoscenze archivistiche oggi disponibili, sono sì individuabili ma difficili da collocare in questo breve spazio temporale. Tali diversità nel gruppo dei ventidue volumi, quasi certamente eseguiti tra il 1790-93 e 1798-99, si manifestano in alcune varianti riscontrabili principalmente nelle coperte e nella diversa disposizione delle filigrane al loro interno, tanto da poterli suddividere in tre sottogruppi.
Del primo sottogruppo fanno parte i primi cinque volumi dedicati ad autori bolognesi, [44]Nel volume 3, una parte delle stampe è stata fissata su fogli marchiati con una filigrana leggermente diversa, il monogramma è "C S C" anziché "F G" sempre posto all’interno dello stesso scudo, accompagnato dalla contromarca "IMPERIAL" con mezzelune leggermente più larghe. Quasi sicuramente la provenienza della carta è riportabile all’ambito veneziano. La stessa variante la si riscontra anche sul Tomo 4. e quattro volumi, dal 15 al 18, di autori romani. [45]I volumi 15 e 16 presentano alcune differenze dal volume di Bonasone analizzato prima. La filigrana del frontespizio non è costituita dal drago sui tre monti accompagnato dalla contromarca “Panzano” ma da un cerchio sormontato da un trifoglio con all’interno il monogramma “T S V”.
Come il volume di Bonasone, gli otto tomi hanno la coperta in mezza pelle maculata, con dorso e angoli larghi mm. 95 di base e mm 50 in altezza in vitello, decorata dal doppio filetto a secco nei piatti. Il dorso, impreziosito da un leggero motivo a losanghe, reca il titolo impresso con caratteri più larghi rispetto ai volumi con timbro Lambertini.
Particolare dei dorsi del volume 11, Stampe bolognesi del Cignani Pasinelli et altri e del volume 1, Stampe di Giulio Bonasoni pittore e intagliatore © Bologna, Pinacoteca Nazionale, Gabinetto Disegni e Stampe
Internamente, la successione delle filigrane è la stessa descritta per il volume 1: il bue all’interno di un cerchio sormontato da una stella a sei punte e sovrastante la lettera “M” per le sguardie, un drago su tre monti accompagnato dalla contromarca Panzano [46]La carta Panzano, come già ricordato da Bellettini, veniva prodotta presso il mulino Foletta, in quel periodo territorio bolognese (Bellettini 1987), e potrebbe far parte di quella fornitura descritta nella nota di spese del 9 Giugno 1791: "Per la provvista di Carta fatta venire in più volte da Venezia, e provveduta anche in Bologna" (cfr. Spese fatte per conto dell’Istituto delle Scienze dalli 9 Giugno a tutto li 7 Decembre 1792 rapporto alla riordinazione delle Stampe, ASBo, Assunteria di Istituto, Diversorum, b. 21, f. 35). per il frontespizio e i fogli vuoti, lo scudo e il monogramma “F G” affiancato dalla scritta “IMPERIAL” e le tre lune per i fascicoli recanti le stampe incollate. La filigrana della sguardia, individuata esclusivamente in questo primo sottogruppo, è la più antica tra quelle ricorrenti nei ventidue tomi, ciò che induce a situare la loro realizzazione nella prima fase del riordino delle stampe, subito dopo l’acquisto della Collezione Savioli. [47]E’ importante ricordare come lo studio delle filigrane non permetta di ottenere una datazione precisa del documento in quanto dalla produzione materiale del foglio al suo impiego può trascorrere un intervallo di tempo difficilmente quantificabile (Bellettini 2007, p. 53). Tale ipotesi è supportata dalla presenza di ben 7 tomi [48]Nell’elenco mancano completamente i tomi 17 e 18. appartenenti a questo primo sottogruppo nell’elenco manoscritto di Montefani, relativo ai 62 tomi della collezione Lambertini ante 1785, più volte citato in questo articolo. Scorrendo il documento è possibile osservare come tutti i volumi, con la sola eccezione del primo, contenessero un numero di stampe ben minore di quello che si riscontra oggi [49]Si veda il saggio di E. Rossoni, "Stampe di Giulio Bonasoni pittore e intagliatore", in questo numero della rivista.. Evidentemente, con l’arrivo della raccolta Savioli si sottoposero ad uno smontaggio totale, che comportò la sostituzione del vecchio frontespizio e dei fascicoli, quei volumi che, per il numero elevato di stampe da inserire o da spostare per mutamenti interpretativi, non permettevano una semplice immissione di nuovi fogli, come si era invece operato nel caso dei tomi con timbro Lambertini.
Un secondo sottogruppo, con caratteristiche formali analoghe a quello prima descritto, è costituito da sei tomi riguardo alla cui cronologia realizzativa le fonti archivistiche forniscono informazioni abbastanza dettagliate. Esso comprende il Tomo 50 con “Stampe tedesche di Gerardo Lairesse (…)” il Tomo 68 con “Stampe francesi prima di Claudio Mellan e di Raimondo Lafage”, e i Tomi 72, 73, 74, 75 relativi ai ritratti di autori tedeschi, olandesi e francesi. Anche in questo gruppo i volumi hanno la coperta in mezza pelle maculata con doppio filetto impresso a secco e con dorso e angoli in vitello rossastro, ma questi ultimi sono assai più larghi dei precedenti con mm 140 di base e mm. 70 in altezza. Nel dorso, sempre decorato con il motivo a losanghe, i caratteri del titolo impressi e l’etichetta sono uguali ai nove volumi del primo sottogruppo mentre l’elemento decorativo di chiusura differisce leggermente.
All’interno, la disposizione delle filigrane si diversifica in parte dal primo sottogruppo: per i fogli di sguardia e le pagine vuote è stata utilizzata la carta con la filigrana del drago su tre monti accompagnato dalla contromarca “Panzano”, mentre per il frontespizio viene impiegato un foglio azzurro filigranato con un giglio entro un doppio cerchio, con una colomba in alto, la lettera “B” in basso e la contromarca “Bracciano”.
Anche in questi volumi le stampe risultano incollate principalmente sulla carta marchiata con il monogramma “G F” entro lo scudo e contromarchio “IMPERIAL” con le tre mezzelune, ma in ogni volume è riscontrabile qualche variante. Nel Tomo 50 quasi un terzo delle stampe è fissato sui fogli filigranati con la scritta “D&CblauwVI” e con timbro attribuito a Savioli [50]Faietti 1993. all’interno, lungo il margine del foglio, verso il basso. Nei restanti cinque volumi le opere vengono presentate, in qualche caso, non su fogli “IMPERIAL” ma su carte con filigrane diverse, principalmente contraddistinte da un toro entro un cerchio sovrastante il monogramma “M P”.
Questo secondo sottogruppo di tomi quasi certamente fu realizzato nella prima fase del riordinamento della collezione. Nell’inventario del 15 marzo 1793, firmato da Antonio Magnani, [51]Faietti 1993; Gaeta Bertelà 1970, p. 70 (ultimo timbro a destra). dove sono indicati i volumi completati e consegnati da Ercole Orsi al bibliotecario prima della sospensione dei lavori di riordino, è possibile rilevare che furono ricreati ex novo il volume L, oggi Tomo 50 dedicato a Gerard De Lairesse; il volume LXIV, attuale n. 68, intitolato a Nicolas de la Fage; i quattro tomi non numerati – gli odierni 72, 73, 74, 75 – con ritratti ottenuti dalle trecentosessantasette stampe di ritratti vari appartenute a Savioli e acquistate sciolte. [52]Si veda il saggio di E. Rossoni, "Stampe di Giulio Bonasoni pittore e intagliatore", in questo numero della rivista.
L’ultimo sottogruppo dei ventidue volumi è composto da 7 tomi relativi ad autori tedeschi: il Tomo 43 con “Stampe tedesche di Martino Schoen detto il Buon Martino di Bartolomeo Schoen e di Israel van Mecken”, i Tomi 44, 45, 46 dedicati ad Albrecht Dürer, il Tomo 47 di autori tedeschi vari, il Tomo 48 contenente le stampe tedesche degli Hopfer, e il Tomo 49 di autori olandesi e tedeschi . La coperta dei tomi è in piena pelle di vitello rossastra, molto simile ai volumi con timbro Lambertini tanto da mostrare le stesse losanghe impresse a secco, mentre l’unica decorazione osservabile sui piatti è il doppio filetto a secco presente in quasi tutti i volumi senza timbro, anche se privi dell’effetto a macchia che caratterizza invece i due sottogruppi descritti precedentemente. Uguali al volume di Bonasone sono anche i caratteri impressi del titolo sul dorso in tutti i sette volumi ma viene a mancare diversamente il capitello a chiusura dei fascicoli.
Particolare della filigrana utilizzata nel frontespizio del volume 1, Stampe di Giulio Bonasoni pittore e intagliatore © Bologna, Pinacoteca Nazionale, Gabinetto Disegni e Stampe
La successione delle filigrane interne è analoga a quella dei volumi del primo sottogruppo, con una sola differenza costituita dall’utilizzo della carta con il drago sui tre monti e la contromarca “Panzano” sia per le sguardie che per il frontespizio e i fogli vuoti.
I fogli ancora presenti nei volumi [53]I Tomi 43 e 44 sono stati, come il Tomo 1 e 2, completamente ritagliati da Kristeller alla fine del ‘800. confermano l’utilizzo della carta con la filigrana del monogramma “G F” entro lo scudo e la scritta “IMPERIAL” come supporti alle stampe; solo nel Tomo 49 è presente qualche stampa incollata su di un foglio marchiato in trasparenza dal monogramma “T S V” entro un cerchio, sormontato da un trifoglio. L’utilizzo della stessa carta sia per le sguardie che per il frontespizio induce a supporre che la stessa persona si sia occupata contemporaneamente sia della cucitura dei fascicoli che dell’esecuzione della coperta.
Consultando l’inventario del 15 marzo 1793 citato poco sopra, è possibile rilevare un’indicazione relativa alla realizzazione di nuovi volumi di autori tedeschi ottenuti attraverso la scomposizione di un volume in folio di stampe tedesche e di due volumi più piccoli sempre di autori d’oltralpe. I due nuovi tomi, segnati con i numeri XLII e LXVI, corrispondono agli attuali 43 e 48 della raccolta. [54]Il tomo 43 è stato studiato da Marzia Faietti (Faietti 1990). Il documento non fornisce nessuna notizia relativa alla realizzazione dei restanti volumi del terzo sottogruppo.
Note
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