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La collezione di stampe di Francesco Rosaspina

dall’Accademia al Museo

[1]Abbreviazioni archivistiche: ASP: Archivio Storico della Pinacoteca Nazionale di Bologna; ASBo: Archivio di Stato di Bologna; AABABo: Archivio dell’Accademia di Belle Arti di Bologna; BCfo, Piancastelli: Biblioteca Comunale Aurelio Saffi di Forlì, Raccolta Piancastelli, sezione Carte Romagna. Il 23 settembre 1811, con nota n. 300,  il Presidente dell’Accademia di Belle Arti di Bologna Carlo Filippo Aldrovandi scrive al Prefetto del Dipartimento del Reno per trasmettergli i documenti della fase conclusiva del procedimento d’acquisto da parte del Governo “della raccolta di incisioni già posseduta dal Sig. Professore Rosaspina”: il catalogo delle stampe, il verbale di presa in carico e l’atto di rinuncia alla proprietà delle medesime sottoscritto “dal Sig. Giulio Tomba mandatario del Sig. Professore Rosaspina assente”. [2]ASBo, Prefettura del Reno, Tit. 13, Rub. 7. Musei e Pinacoteche, 1811. La nota è conservata presso l’Archivio di Stato di Bologna assieme a una molto esigua corrispondenza costituita da altre tre lettere che rappresentano  una minima integrazione alla corposa documentazione conservata nel fondo archivistico di Carlo Piancastelli della Biblioteca Aurelio Saffi di Forlì [3] Un accenno all’acquisto delle stampe ricavato dalla disamina dell’archivio si trova in, Bernucci-Pasini 1995, p. 56. . Oltre a comprendere i tre preziosissimi allegati citati da Aldrovandi, quanto conservato nel fondo Piancastelli consente di ripercorrere lo svolgimento dell’acquisto [4]BCfo, Piancastelli, B 394 – da 214 a 252. I tre allegati citati corrispondono alle carte: 215 (elenco delle stampe), 235 (processo verbale, in copia conforme) e 236 (rinuncia alla proprietà). L’acquisizione della collezione Rosaspina per l’Accademia di Belle Arti di Bologna venne citata da Pier Giorgio Pasini in Bernucci-Pasini 1995, p. 56. , tema che qui si propone poiché la raccolta Rosaspina, composta di 223 stampe, è divenuta parte delle collezioni del Gabinetto dei Disegni e delle Stampe della Pinacoteca. La migrazione dall’Accademia avvenne il 21 luglio 1882 quando, in forza del Regio Decreto  n. 678 del 13 marzo 1882 che sanciva la definitiva separazione degli istituti preposti alla conservazione, come Gallerie, Pinacoteche e Musei, da quelli di istruzione artistica come le Accademie, il Direttore del Regio Istituto di Belle Arti di Bologna Enrico Panzacchi consegnò i beni artisti e il mobilio a Cesare Masini, Direttore della Regia Pinacoteca divenuta amministrativamente autonoma dall’Accademia [5]Cammarota 2004, pp. 530-531. Il verbale del passaggio di beni cita 161 incisioni “già appartenenti alla R.a Accademia, che sono esposte nella sala N”. Poiché nell’Inventario delle stampe redatto nel 1870, firmato nel 1874 e consegnato alla Pinacoteca ne risultano 240 (Inventario delle proprietà mobili dello Stato esistenti al 31 dicembre 1870 nell’Accademia di Belle Arti di Bologna, sottoscritto il 16 aprile 1874 dall’economo agente consegnatario A. Muratori, Doc. E, ASP, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe), si pensa che siano state indicate solo quelle della stanza N.  

Le stampe Rosaspina e il complesso delle incisioni provenienti dall’Accademia, il cui elenco sottoscritto dall’economo Alfonso Muratori il 16 aprile 1874 ne documentava 240 [6]Ministero della Pubblica Istruzione, Inventario delle proprietà mobili dello Stato esistenti al 31 dicembre 1870 nell’Accademia di Belle Arti di Bologna, sottoscritto il 16 aprile 1874 dall’economo agente consegnatario A. Muratori, Doc. E, ASP, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe; Faietti 1983, p. 77. , sono state inventariate in Pinacoteca in tempi diversi, pertanto con numeri non consecutivi, inoltre riposte in cassettiere con criteri differenziati che non hanno tenuto conto della provenienza. Questo ha comportato la frammentazione del nucleo, di cui solo alcune stampe sono state ricollegate alla provenienza dall’Accademia [7]La provenienza è indicata nel database, completa del numero progressivo con cui i singoli beni sono annotati nell’Inventario dei beni dell’Accademia (Doc. E); su quest’ultimo sono parzialmente annotati a matita i corrispondenti numeri di inventario della Pinacoteca (PN). , mentre nessuna indagine è stata sino ad oggi condotta per ricucire la raccolta Rosaspina.

La lunga trattativa

Riferendosi al “piano disciplinare” il quale “prescrive che la scuola d’incisione sia fornita delle migliori stampe antiche e moderne di tutti i generi e stili”, [8]BCfo, Piancastelli, B 394 - 78. il 27 febbraio 1809 Francesco Rosaspina propone al Presidente dell’Accademia l’acquisto di una selezione di 85 stampe, scelte tra i migliori esemplari di quanto aveva raccolto. La nota è accompagnata da un elenco in cui l’artista riporta, per ogni stampa, autore, soggetto, saltuariamente un breve commento, e il prezzo per un totale complessivo di £ 10.689. L’elenco si chiude con la stesura del parere complessivamente positivo sottoscritto da “Ulisse Aldrovandi accademico”, sia in termini di qualità ed utilità delle opere “per una Scuola”, sia in riferimento all’equità dei prezzi, con particolare riguardo per gli esemplari dallo stesso contrassegnati con un asterisco. 

L’acquisto di questa selezione non fu perfezionato, mentre si concretizzò la cessione della più ampia raccolta di 223 stampe proposta l’anno seguente, il cui elenco fu trasmesso al Prefetto con una lettera [9]BCfo, Piancastelli, B 394 – 214 e 215. La lettera non riporta la data, trascritta invece, presumibilmente dall’economo della Prefettura, sull’elenco allegato: 23 settembre 1810. Nel medesimo fondo è conservata una lettera autografa con la proposta d’acquisto al Ministro dell’Interno datata 19 settembre 1810 (c. 162). in cui Francesco Rosaspina delinea le peculiarità della raccolta, avvertendo, a differenza della precedente che accompagnava la proposta selettiva del 1809, che alcune stampe non erano in ottime condizioni conservative o della migliore qualità e di aver segnalato con “etichette” gli esemplari di maggiore pregio. Precisa poi di non aver conteggiato i costi delle stampe “ricevute in dono da varj artisti miei amici”. Infine, chiede che il pagamento a suo favore avvenga in quattro rate, la prima al momento della stipula del contratto d’acquisto, le rimanenti nei tre anni successivi, rifiutando a chiare lettere il vitalizio decennale che evidentemente gli era stato proposto, poiché avrebbe penalizzato i suoi quattro figli nel caso in cui fosse morto prematuramente.  

Più ordinato del precedente, questo nuovo e più esteso elenco, in cui riconosciamo la calligrafia di Francesco Rosaspina, è organizzato in colonne in cui vengono annotati nell’ordine: “numero” progressivo per stampa, “incisore”, “pittore” (inventore), “soggetto”, “osservazioni”, la presenza di vetro o cornice, “Prezzo in £ italiane”. Il valore totale delle stampe è dichiarato in £ 14.670, a cui vengono aggiunti “N: 95 Cristalli e N: 127 lastre di germania a tenore della qui unita stima”, per £ 1.539,50 e “N: 233 cornici a tenore della unita stima” per £ 455. Il totale pari a £ 16.664,50 viene confermato e sottoscritto da “Canna Rag.”, presumibilmente lo stesso che appone la data 23 settembre 1810, preziosa indicazione dell’inizio del procedimento d’acquisto. La presenza in elenco delle cornici e dei cristalli lascia intuire la tipologia di conservazione a parete della collezione, com’era consuetudine, aspetto confermato altresì dall’ingiallimento da esposizione alla luce, spesso particolarmente significativo, dei fogli. [10]L’ingiallimento, in alcuni casi, è stato probabilmente favorito anche dall’utilizzo di colle per il controfondo.   

Le incisioni sono numerate dall’1 al 233 ed elencate per cognome dell’incisore, con alcune licenze riguardanti, ad esempio, Albrecht Dürer, Agostino e Annibale Carracci elencati con l’iniziale del nome. Singolare è il salto nella numerazione che passa dal 159 al 170, rendendo fallace il numero complessivo che risulta pertanto di 223 stampe. Una svista che si configura davvero curiosa considerando sia la diligenza complessiva della redazione, sia quanto Rosaspina avesse a cuore l’operazione della vendita. Nella colonna dedicate alle “osservazioni” il collezionista riporta copiosi e diversificati giudizi qualitativi, segnala le prove avanti lettera, gli esemplari rari, i primi stati, le criticità conservative e la nota “regalato dall’autore”. Questi ultimi, per i quali come anticipato nella lettera non è riportato il corrispondente valore, sono costituiti dalla stampa di Galgano Cipriani raffigurante i Santi Pietro e Paolo da Guido Reni dal San Giovanni da Domenichino tradotta da Friederich Müller e dalle sette di Giuseppe Longhi, tra cui un primo stato e cinque avanti lettera. Alle stampe donate si aggiunge quella di Desnoyers Boucher che traduce il ritratto di Napoleone il Grande di François Gerard accanto alla quale è la nota “Regalata da S. E. Sig, Ministro Marescalchi”.  

La motivazione della duplice proposta e dell’accoglimento della seconda con un numero sensibilmente maggiore di stampe andrà con ogni probabilità ricercata nell’attrattiva complessiva di una raccolta che fu sin dall’inizio messa a disposizione, e forse addirittura pensata, per gli allievi della classe di Incisione dell’Accademia, di cui Francesco Rosaspina fu titolare dal 1804, anno della sua istituzione, sino al pensionamento nel 1840. L’incisore ribadisce in varie circostanze il fatto che la collezione di stampe sia stata tenuta “a disposizione ed istruzione de’ giovani studenti” [11]Lettera al Presidente dell’Accademia di Belle Arti di Bologna, BCSFo, Sezione Carte Romagna, busta 394, c. 78. La disponibilità delle stampe per gli allievi precedente all’acquisto e l’informazione stessa dell’acquisto sono riportate in Cappi 1846, pp. 184-185.  sin “dalla fondazione dell’Accademia” [12] Lettera del 19 settembre 1810, indirizzata al Ministro dell’Interno, BCSFo, Sezione Carte Romagna, busta 394, c. 162. , informazione che sarà adeguatamente sottolineata in un rapporto al Ministro dell’Interno del 10 aprile 1811 da parte del Direttore Generale della Pubblica Istruzione il quale non mancherà di specificare il “bisogno di un tale corredo” in ottemperanza alle disposizioni del “Piano Disciplinare” [13]BCfo, Piancastelli, B 394 - 228.  dell’Accademia stessa.  

La minore qualità grafica o lo stato di conservazione non ottimale degli esemplari in un primo tempo scartati dovettero passare in secondo piano se l’Accademia ritenne di accogliere la ben più vasta raccolta. Scorrendo l’elenco redatto da Rosaspina, la principale peculiarità che balza all’occhio è la visione programmatica ad ampio spettro del collezionista, volta a riunire esemplari e temi iconografici degli incisori delle principali scuole italiane e straniere, in un raggio cronologico dal XV secolo ai contemporanei. Esaustiva e ragionata, la raccolta riuniva l’interesse storico-artistico ai vantaggi didattici di un vero repertorio: un’opportunità irrinunciabile.  

La procedura d’acquisto, ricostruibile dalla corrispondenza tra la Prefettura del Dipartimento del Reno, il Ministero dell’Istruzione e il Ministero dell’Interno, si sviluppò nel corso dell’anno solare intercorso tra la presentazione dell’elenco delle stampe da parte di Rosaspina, nel settembre del 1810, e la formale consegna all’Accademia. L’interesse all’acquisizione si manifestò immediatamente da parte di tutte le Istituzioni, mentre le criticità che allungarono i tempi furono legate alla questione economica, sia alla trattativa che ne seguì, a seguito della quale Rosaspina dovette accettare un ribasso a £. 15.000,00 rispetto alla cifra richiesta [14] Ibid. , sia alle dinamiche di pagamento. A causa dell’indisponibilità di cassa, Rosaspina venne messo davanti alla scelta di rinviare all’anno successivo l’acquisto o il primo pagamento a suo favore. Il perfezionamento avvenuto nel settembre del 1811 lascia intuire la scelta della seconda opzione, peraltro saggia poiché obbligava le Istituzioni a non venir meno alla parola data. Si stabilisce l’erogazione del compenso in due sole rate: “la prima cioè di Lire sette mille al principio del 1812, e la 2.da di Lire ottomille entro l’anno 2013.senza che frattanto decorra verun interesse”. [15]BCfo, Piancastelli, B 394 - 229, 231e 233; ASBo, Prefettura del Reno, Tit. 13, Rub. 7. Musei e Pinacoteche, 1811. In realtà vi furono sensibili dilazioni, come dimostrano una nota del 7 gennaio 1815 con cui Rosaspina sollecita il versamento di £ 5.000 [16]BCfo, Piancastelli, B 394 - 80. e una nota di riscontro alla richiesta del pagamento trasmessa all’incisore dal Protosegretario dell’Accademia, prof. Leandro Marconi, in data 20 ottobre 1817 [17]BCfo, Piancastelli, B 394 - 202. . 

L’annessione al patrimonio dell’Accademia

Il 14 settembre 1811, il Presidente dell’Accademia Filippo Aldrovandi Marescotti, gli Accademici Ulisse Aldrovandi e Cesare Massimiliano Gini, infine Giulio Tomba delegato di Rosaspina sottoscrissero il verbale di presa in carico della collezione riportandone le modalità di acquisizione.  Il criterio prescelto costituisce il fondamentale strumento per la riconoscibilità delle stampe all’interno del  Gabinetto dei Disegni e delle Stampe della Pinacoteca. [18]BCfo, Piancastelli, B 394 - 235. L’Archivio detiene la copia conforme del verbale, sottoscritta da Francesco Alberi facente funzione di Protosegretario dell’Accademia Secondo quanto viene dettagliatamente descritto, a seguito del dispaccio n. 19738 del 16 agosto con cui il Viceré approvò l’acquisto della raccolta, gli Accademici Cesare Massimiliano Gini e Ulisse Aldrovandi furono incaricati di verificare  le stampe una ad una, rintracciandone la corrispondenza con l’elenco redatto da Rosaspina sia “per la qualità che per il numero”. Quale testimonianza del controllo svolto, “Cesare Massimiliano Gini ha apposto anteriormente in un angolo a ciascuna di esse il suo sigillo come qui a margine ed il Sig. Ulisse Aldrovandi nell’addietro il proprio Nome, come vi ha scritto il suo il Sig. Antonio Fabbri Economo – Custode di tutta la Suppellettile Accademica”. Accanto al nome di Gini è riportato il disegno del suo marchio, configurato dalle iniziali a lettere capitali, CMG, entro rettangolo a cui segue la timbratura del foglio col sigillo dell’Accademia a titolo esemplificativo (Figg. 1 e 1a) . 

Seguendo l’elenco di Rosaspina annesso alla proposta d’acquisto del 1810, è stata riscontrata una serie di stampe della Pinacoteca riportanti questa tipologia di notificazione, consentendo l’avvio della ricerca per la ricostruzione della raccolta, di cui in questa sede si dà conto solo di una prima indagine. (Fig 2 e 3) 

Il verbale e il riscontro diretto sulle stampe consentono inoltre l’attribuzione a Cesare Massimiliano Gini del corrispondente marchio sino ad ora non identificato [19]Lugt 1978, n. L. 607a. . Personaggio di spicco nell’ambito artistico e culturale bolognese, consulente e mecenate del primo assetto organizzativo della Pinacoteca [20]Cammarota 1997, pp. 554-555; Emiliani 2015, pp. 260-278. , raffinato collezionista, oltre che pittore e incisore, l’accademico Cesare Massimiliano Gini (1737-1821) era un appassionato conoscitore d’arte, con la predilezione per l’incisione. La sua ricca collezione di stampe veniva messa a disposizione dei giovani artisti [21]Morigi Govi 2024, p. 222., analogamente a quanto fece Rosaspina con i suoi allievi. 

Assieme a Aurelio Savioli, Gini aveva intrapreso una duplice attività commerciale, aprendo una bottega di stampe e libri a Bologna e fondando, nella sua casa, una stamperia col nome di Ludovico Inig, nell’ambito della cui attività il giovane Rosaspina era stato coinvolto, dal 1785, in un’intensa collaborazione che segnò la fase iniziale della sua carriera [22] Per Ludovico Aurelio Savioli e Cesare Massimiliano Gini si veda Rossoni-Piazzi 2017 (con bibliografia precedente). L’articolo sottolinea il ruolo di Savioli nell’impresa Ludovico Inig, che la critica sino a quel momento aveva ignorato identificando come editore il solo Gini. Alla morte di Aurelio nel 1788, Gini divenne l’unico proprietario dell’editoria ma l’attività rallentò enormemente sino alla presumibile chiusura del 1792. . Alcune stampe, tra le prime, riportavano la firma sia di Rosaspina che di Gini il quale si qualificava come incisore utilizzando le iniziali CC.M.G., non l’anagramma Inig, riservato al ruolo di editore e calcografo, e neppure il timbro a secco utilizzato per certificare il controllo della raccolta acquistata per l’Accademia. Tra il 1787 e il 1788 l’editoria Inig aveva pubblicato le opere più interessanti, ovvero quattro serie di stampe dedicate alle riproduzioni di disegni appartenenti allo stesso Gini o ad altri collezionisti [23]Bernucci 1995, pp. 90-95. , dalle quali emergeva una significativa sperimentazione nell’utilizzo delle varie tecniche di stampa funzionali all’ottimale imitazione dei tratteggi, della granulosità della grafite, delle acquerellature, dei rialzi di biacca degli originali. Rosaspina ebbe un ruolo prioritario rispetto ad altri incisori e fu l’esclusivo autore della serie <<DISEGNI ORIGINALI DI FRANCESCO MAZZOLA>> appartenenti a Dominique Vivant Denon. 

La collaborazione con Aurelio Savioli e Gini fu una palestra straordinaria per la crescita artistica di Rosaspina [24]Per le notizie biografiche su Francesco Rosaspina, oltre a quanto citato, si è fatto particolare riferimento a Bernucci-Pasini 1995. Le notizie riportate in questo volume biografico sono in massima parte desunte dalla documentazione conservata in BCfo, Piancastelli, B 394 e B 395.  che imparò a padroneggiare gli strumenti e le varie tecniche incisorie, ad affinare il segno calligrafico, ad approcciare la stampa di traduzione che diverrà la sua tipologia di raffigurazione, in piena rispondenza alle tendenze del periodo. Come fu già riconosciuto da Antonio Bolognini Amorini e da Alessandro Cappi, primi biografi dell’incisore [25]Bolognini Amorini 1842, pp. 7-8; Cappi 1843 (ed. 1846), p. 183. , un fondamentale contributo alla formazione del giovane fu altresì l’accesso alle collezioni Savioli [26]La collezione di stampe Savioli è parimenti conservata presso il Gabinetto Disegni e Stampe della Pinacoteca a cui pervenne a seguito della vendita da parte di Ludovico, padre di Augusto, all’Istituto delle Scienze nel 1789 (cfr. Rossoni 2008; Rossoni-Piazzi 2017, p. 36).  e Gini, aggiornate sugli esempi più moderni delle stampe di traduzione, come quelle di Francesco Bartolozzi, un autore che, come vedremo, sarà ampiamente rappresentato nella raccolta.  

Alessandro Cappi, Segretario e futuro Direttore dell’Accademia di Belle Arti di Ravenna, fu l’unico tra biografi contemporanei a fare riferimento alla conservazione delle stampe all’interno della classe di incisione dell’Accademia bolognese, definita dallo stesso “scuola invidiabile”, per il “quotidiano e gratuito uso”, inserendola tra i meriti dell’incisore nel suo Elogio al professor Francesco Rosaspina, e fu altresì l’unico a citare “la fortuna” da parte della “pontificia accademia” [27]Cappi 1843 (ed. 1846), pp. 182-183.  di averle potute acquistare. Antonio Bolognini Amorini e Salvatore Muzzi non fanno cenno alle stampe ma entrambi evidenziano le grandi capacità comunicative e una didattica fondata su una sensibile generosità [28]. 

La passione per l’arte grafica e il desiderio di condivisione con amici e allievi si protraeva di sera a casa di Rosaspina, dove si svolgeva, come riferirà l’incisore a Giovan Battista Bodoni, “una specie di accademia pittorica” a cui partecipava anche l’amico Felice Giani il quale fisserà in un disegno questi studi notturni che sarà poi tradotto all’acquaforte da Giulio Tomba attorno al 1811 [29] 

   

Figg. 1 e 1a: Verbale di acquisizione della collezione di Francesco Rosaspina, con timbro di Cesare Massimiliano Gini sul recto e il timbro dell’Accademia di Belle Arti sul verso @Biblioteca Comunale Aurelio Saffi di Forlì, Sezione Carte Romagna, busta 394, c. 235.

Fig. 2: Particolare del timbro di Cesare Massimiliano Gini @Bologna, Pinacoteca Nazionale, Gabinetto Disegni e Stampe, PN 1191

Fig. 3: Particolare del timbro dell’Accademia di Belle Arti di Bologna e delle firme di Ulisse Aldrovandi e dell’economo Fabri.

La formazione della collezione

In una lettera a Don Giuseppe Mezzofanti del 18 luglio 1834, su cui torneremo, Rosaspina racconta in poche righe l’avvio della formazione della raccolta: 

 

“Siccome lo statuto di questa Accademia richiede che la Scuola d’Incisione/ sia fornita delle più belle Stampe antiche e moderne di ogni genere e stato, così/ da quando ebbi l’onore di presiedere a questa scuola, cominciai a raccogliere col mio/ le più belle Stampe che mi riusciva di trovare; il viaggio che al principiare del/ secolo feci a Parigi mi porse felice occasione di trovarne delle stupende e rarissime, finché raccolte un buon numero, furono dal cessato Governo acquistate per/ uso delli Studenti” [30]. 

 

Nel novembre del 1801 Francesco Rosaspina fu inviato come deputato in rappresentanza “dell’Istituto delle Arti e delle Scienze di Bologna” presso la Consulta straordinaria della Repubblica Cisalpina riunita a Lione, assieme a Ludovico Savioli (padre di Aurelio), Giuseppe Venturoli e Giacomo Rossi [31]. L’occasione fu propizia per proseguire il viaggio sino a Parigi dove rimase per alcuni mesi [32] visitando “studi e gallerie” [33] e “le collezioni più rare di stampe” [34], in compagnia di artisti tra i quali Giuseppe Longhi, Giuseppe Bossi, Andrea Appiani, Giovanni Antolini. Fece la conoscenza dei pittori celebrativi dell’epopea napoleonica quali David, Gros e Gérard [35] e degli incisori Wille, oramai molto anziano, e Bervic con i quali strinse amicizia. Il contatto col florido mercato parigino, che proprio agli esordi del secolo XIX iniziava ad offrire ampie disponibilità di opere per i collezionisti e un’organizzazione sempre più specializzata e professionalizzante [36], stimolò inevitabilmente Rosaspina agli acquisti da lui stesso menzionati e ricordati altresì da Alessandro Cappi che ne approfondisce il ventaglio informativo col racconto delle permute fatte per ottenere prove migliori, dell’entusiasmo, della predilezione per Edelinck, della disponibilità degli esemplari acquistati per gli allievi dell’Accademia [37].
La possibilità di offrire agli allievi molteplici esemplari su cui formarsi costituì certamente uno stimolo per Rosaspina all’accrescimento della raccolta di stampe che andava ad aggiungersi alla passione per il collezionismo in genere, riguardante anche libri e disegni, e per l’attività sul mercato dell’arte e dell’editoria come intermediario nelle compravendite, acquirente, venditore, spesso al centro del dotto circuito dei conoscitori e collezionisti dell’epoca. Non mancarono, pertanto, le occasioni all’abile ed esperto negoziatore per incrementare le stampe e costituire la collezione che fu venduta all’Accademia nel 1811 e di seguitare poi, come vedremo, a collezionare per tutta la vita. 
Non si esclude che vi fosse nella vendita ad Accademia un intento anche speculativo visto che, come si diceva, Rosaspina non cela il proprio bisogno di denaro, neppure nella corrispondenza legata al procedimento d’acquisto [38]. In ogni caso, la destinazione della collezione a una pubblica istituzione fu indubbiamente vista come vantaggiosa per l’Accademia che arricchiva il proprio patrimonio con una raccolta riunita non solo con grande competenza, ma altresì con un orientamento didattico, aspetto particolarmente rappresentativo del periodo napoleonico in cui per la prima volta si andava configurando un’assunzione di responsabilità per il pubblico insegnamento, anche artistico, in una prospettiva sempre più strutturata, consapevole e professionalizzante [39]
Coloro che si dedicavano all’incisione agli esordi del XIX secolo sapevano che la professione li avrebbe indotti a dedicarsi alla stampa d’après, il cui bacino d’utenza era sempre più ampio grazie alla diffusione dei cataloghi di musei e collezioni, al numero sempre crescente di collezionisti e amatori internazionali che desideravano possedere le traduzioni dei più celebri dipinti.
La preponderanza di stampe di traduzione nella raccolta Rosaspina è indubbiamente una risposta ai tempi e alle esigenze legate alla formazione dei futuri incisori il cui apprendimento poteva essere agevolato dai più differenziati e autorevoli exempla del mestiere, italiani e internazionali, dagli esordi della tecnica alla contemporaneità. 

Una prima disamina della collezione

La raccolta, allora come oggi, offre un esauriente spettro internazionale, in cui i maggiori autori sono rappresentati con le opere e i soggetti che ne hanno caratterizzato il percorso artistico. Gli ideatori sono i grandi maestri del Cinquecento e del Seicento, tra cui: Raffaello, Michelangelo, Leonardo, Tiziano, Correggio, Parmigianino, Guido Reni, Guercino, Rembrandt, Van Dick, Le Brun, Poussin e molti altri. L’ampia cronologia abbraccia l’intera storia dell’incisione, dal XV secolo sino alla contemporaneità del collezionista, un insieme variegato e complesso che richiede ancora studi approfonditi sui singoli casi e di cui, conseguentemente, in questa sede si dà un contributo solo parziale.
Partiamo da Parigi, città che stimolò, come si diceva, gli intenti collezionistici di  Rosaspina il quale, con evidente curiosità per ciò che di nuovo emergeva, non tralasciò le opere degli artisti conosciuti direttamente nella capitale francese, Charles-Clément Bervic (Parigi, 1756-1822) e Johann Georg Wille (Gießen, 1715-Parigi 1808).
Bervic e Wille facevano parte della lunga tradizione degli artisti dediti alle stampe di riproduzione, tipologia che a Parigi era stata fortemente stimolata e sostenuta dal re Luigi XIV, “che amava veder i quadri riprodotti in stampe che arricchivano la Biblioteca reale” [40], e dal ministro Jean-Baptiste Colbert che aveva   suggerito la creazione degli studi d’incisione sotto la direzione di Charles Le Brun. Tra le stampe di Bervic presenti nella raccolta sono esemplificative il Ritratto di Luigi XVI, tradotta dal dipinto del contemporaneo artista parigino Antoine François Callet (Versailles, Musée National du Château), a cui viene assegnato da Rosaspina il valore di 400 lire, e Nesso e Deianira da Guido Reni (Parigi, Musée du Louvre), valutata 150 lire. Mentre il primo esemplare ha un chiaro interesse politico e celebrativo, il secondo rinvia alla fortuna del soggetto per la cui traduzione aveva esordito, con una qualità esecutiva impareggiabile, Gilles Rousselet (1662-1669) su incarico della corona per celebrare l’ingresso del dipinto nelle collezioni reali francesi, assieme alle altre tele eseguite da Guido per Ferdinando Gonzaga tra il 1617 e il 1621 [41]. Di Wille emerge invece l’interesse per artisti olandesi del Seicento dediti al ritratto e alla pittura di genere come Gerrit Dou, o tedeschi come Christian Wilhelm Ernest Dietrich (PN 1146). (Fig. 4)
Presenti sono anche gli artisti più rappresentativi delle generazioni precedenti attive a Parigi, tra cui Claude Mellan (Abbeville 1598-Parigi 1688), seppure con una sola stampa, Robert Nanteuil (Reims 1623-Parigi 1678) con cinque ritratti da Charles Le Brun, Gérard Audran (Lione 1640-Parigi 1703) con otto stampe tra cui gli esemplari da Le Brun raffiguranti Il sogno (PN 1174) (Fig. 5), e le gigantesche Quattro battaglie di Alessandro. Queste ultime sono elencate e valutate assieme alla La Tenda di Dario di Gérard Edelinck (Anversa 1640-Parigi 1707), parte della medesima serie, per una cifra complessiva di 2.500 lire, la più elevata in collezione dove la stima massima è di 400 lire, peraltro assegnata solamente a quattro stampe.
Edelinck, per le cui opere conosciute a Parigi Rosaspina aveva mostrato un particolare entusiasmo, è il secondo incisore più rappresentato della raccolta dopo Francesco Bartolozzi, con un totale di 11 stampe, la maggior parte delle quali ancora una volta da Le Brun, di cui riproduce soggetti religiosi e ritratti, ma trovano spazio anche i grandi classici della pittura italiana, Raffaello e Leonardo. Di Raffaello è la traduzione della Sacra Famiglia con San Giovannino e Sant’Anna (Parigi, Musée du Louvre), da sempre nelle collezioni reali francesi a cui pervenne nel 1518 come dono a Francesco I da parte di papa Leone X (Fig. 6). Dei quattro stati individuati da Le Blanc [42], l’esemplare in esame (PN 1141) appartiene al secondo, data la presenza delle scritte, che lo distingue dal primo ante litteram, e data l’assenza, annotata già da Rosaspina nell’elenco, dell’arma di Jean-Baptiste Colbert che caratterizza il terzo stato. Edelink realizzò la stampa per il secondo figlio di Colbert, Jacques Nicolas, in occasione della sua tesi in teologia alla Sorbonne. In seguito, Colbert regalò la stampa al Re Luigi XIV dopo aver provveduto a cancellare il suo stemma, operazione che lasciò una ben riconoscibile traccia che caratterizza il quarto stato. L’elevata stima, 360 lire, trova ampio riscontro nella qualità e notorietà dell’incisione il cui apprezzamento è testimoniato dalle numerose copie eseguite dagli incisori francesi [43], e altresì dalla qualità di stampa dell’esemplare stesso.
I Quattro cavalieri in combattimento (o Disputa dello Stendardo) [44] riproducono idealmente la Battaglia di Anghiari di Leonardo da Vinci attraverso l’interpretazione di Rubens [45]. La stampa (PN 28644) presenta una lacuna in prossimità dell’impugnatura dell’elsa, pertanto non è possibile verificare l’esistenza dei tre puntini che, presenti in quella posizione, differenziano il secondo dal terzo stato. Compaiono invece le iscrizioni di responsabilità, assenti nel primo stato, in cui il nome di Leonardo da Vinci viene trascritto alla fiamminga: “L. d’la finse pin” [46]. (Fig. 7)
Giuseppe Longhi (Milano 1766-1831), docente di incisione presso l’Accademia di Brera dal 1798, fu tra i prescelti per la Consulta di Lione del 1801 e compagno di viaggio di Rosaspina a Parigi, con cui strinse amicizia e che invitò nella sua casa a Milano nel 1805, in occasione dell’incoronazione di Napoleone a re d’Italia [47]. Nel 1807 Longhi richiamò il collega bolognese e il fratello Giuseppe a Milano per l’incisione del grande fregio monocromo con i Fasti napoleonici di Andrea Appiani che ornava la Sala delle Cariatidi in Palazzo Reale a Milano, impresa che gli incisori bolognesi terminarono nel 1811 contribuendo al consolidamento della propaganda politica nell’esaltazione del Napoleone vincitore [48].
Longhi diede il proprio contributo alla raccolta in esame donando all’amico bolognese sette incisioni, tra cui la traduzione della Visione di Ezechiele (Firenze, Palazzo Pitti) che Raffaello aveva eseguito per il committente bolognese Vincenzo Ercolani indicativamente negli anni 1516-1517 [49]. (Fig. 8). Passato prima agli Uffizi nel 1589 poi in Palazzo Pitti nel 1697, il dipinto fu requisito dai commissari napoleonici nel 1799 e portato al Musée Napoleon di Parigi ove rimase sino al 1816 e dove immaginiamo che Longhi possa averlo visto direttamente, nonostante sia testimoniata la derivazione dell’incisione da un disegno di André Dutertre [50]. Eseguita nel 1808 [51], l’incisione si pone agli esordi delle molteplici traduzioni che la Visione di Ezechiele ebbe nel corso del XIX secolo [52]. Longhi regala a Rosaspina un prezioso avanti lettera a cui aggiunge, sul recto del lato inferiore, una breve dedica a matita: “Prova incompleta – All’amico Rosaspina – Longhi incisore” (PN 1191). L’incompiutezza sembra consistere esclusivamente nella mancanza degli autori, inventore e incisore, segnalati da Le Blanc, che individua della stampa solamente un 1° stato [53], e riportati negli esemplari noti [54]. Alla dedica è affiancato, a destra, il timbro a secco di Massimiliano Gini, in questo caso non abraso come di consueto e ben leggibile. Tra le stampe meglio conservate tra quelle di provenienza Rosaspina, l’unica alterazione significativa è la macchia in alto a destra generata dal timbro dell’Accademia utilizzato per notificare il controllo delle stampe, oggi non direttamente visibile per la presenza del controfondo. La preziosità intrinseca del foglio si aggiunge all’importanza ai fini collezionistici della Pinacoteca, all’interno della quale costituisce l’unico esemplare eseguito da Longhi su questo soggetto raffaellesco.
Il dono di Christian Friederich Müller (Stoccarda, 1782-1816) entrato nella raccolta è una traduzione del San Giovanni Evangelista del Domenichino (Greenville, Bob Jones University Museum and Gallery) che l’incisore dedicò al padre e maestro Johann Gottardh Müller (Fig. 9). La stampa (PN 35245) è giunta sino ad oggi nella modalità con cui fu spedita [55], con le tracce di ceralacca e il nome del destinatario riportato a penna e inchiostro in un riquadro a matita sul lembo di carta inferiore; per quanto l’iscrizione sia abrasa e parzialmente occultata dalla ceralacca, possiamo ancora leggere: “Al signor R…spina (…) Müller”. La data 1808 rimanda al quarto stato dei sei tracciati da Le Blanc [56], stampato a Parigi presso Rambois. L’iscrizione documenta la presenza del dipinto presso la raccolta Fromman di Stoccarda. 
Il Ritratto di Napoleone I Imperatore (PN 21532)  (Fig. 10) a figura intera eseguito da Auguste Desnoyers-  Boucher (Parigi 1779-1857) sul dipinto di François Gerard (Napoli, Museo Nazionale di Capodimonte) è il dono che Ferdinando Marescalchi fece a Francesco Rosaspina, esemplificativo della condivisione degli ideali filofrancesi. L’aquila nera, riportata in basso al centro, identifica l’esemplare come terzo stato della stampa [57]. Senatore bolognese e Ministro per le Relazioni estere della Repubblica italiana con residenza a Parigi (1802-1805), Marescalchi fu un appassionato collezionista e trovò in Rosaspina, conosciuto attraverso Cesare Massimiliano Gini, il suo principale consigliere artistico. Il Senatore fu altresì un promotore per la vendita delle stampe dell’incisore bolognese nella capitale francese [58].

La stimolante e ricchissima rete di relazioni che Rosaspina seppe crearsi e che gli consentì una partecipazione sagace e decisamente brillante nelle dinamiche del mercato, dovette agevolare il reperimento delle incisioni agognate per la raccolta, le rarità, ad esempio, o gli ante litteram che vengono segnalati in elenco in numero piuttosto copioso. Lo studio capillare della corrispondenza di Rosaspina [59] potrebbe consentire di creare connessioni tra le lettere e gli esemplari in collezione, ma altresì di conoscere desideri non appagati, come viene documentato nella lettera che l’incisore inviò all’editore Gioacchino Bettalli il 9 giugno 1804:  

“Se mai sapeste dove trovare il S. Gerolamo di Agostino Carracci figura intiera, avanti che il Brizzi lo terminasse, avendolo lasciato l’autore imperfetto, vi prego a fare di tutto per acquistarmelo, io sarei pronto a fare un sacrifizio tanto ne sono voglioso.” [60]

Presupponendo la sincerità e non un committente in sottotraccia disposto a pagare una bella cifra per il San Gerolamo penitente [61] di Agostino Carracci (Bologna, 1557-Parma, 1602), rimasto incompiuto a causa della morte dell’artista, la passione collezionistica di Rosaspina, ben rappresentata in queste poche righe, non trova l’esito nella raccolta acquistata dall’Accademia in cui è presente la sola stampa terminata da Francesco Brizio, moderatamente valutata in 30 lire (PN 21311). (Fig. 11) La celebre stampa d’invenzione è tra le poche a rappresentare la tipologia all’interno della raccolta costruita, come già ampiamente riferito, quasi esclusivamente sulle stampe d’après; è significativo che le poche presenti siano, analogamente al San Gerolamo di Agostino Carracci, incisioni capitali come l’Adamo ed Eva di Albrecht Dürer o la Resurrezione di Lazzaro di Rembrandt. 

Quotata 150 lire è invece la traduzione dell’Ecce Homo di Correggio (Londra, National Gallery), bellissima prova di Agostino in un esemplare di notevole qualità (PN 1205) [62]. (Fig. 12 

La nitidissima tiratura, evidentemente tra le prime ad essere realizzate, consente di cogliere ogni dettaglio con grande precisione. Smarginata al limite della battuta, restano comunque visibile la data, 1587, ai lati della quale sono incongrui segni a penna, gli autori e la coeva collocazione del dipinto di Correggio presso la casa della famiglia Prati di Parma. Sul verso il ritaglio ha causato la rimozione di parte dell’iscrizione con dedica a Rosaspina, ovvero parte della data e presumibilmente la sottostante firma. Di difficile lettura, l’iscrizione fa riferimento al “Musée Napoleon” e conclude con “a son ami Mr. Rosaspina”.
Con quattordici incisioni, Francesco Bartolozzi (Firenze 1727–Lisbona 1815) è l’artista maggiormente rappresentato all’interno della raccolta Rosaspina. Il nucleo raccoglie autori tra cui Annibale Carracci, Carlo Dolci, Joshua Reynolds, soggetti religiosi, mitologici, ritratti e differenziate sperimentazioni tecniche tra cui la commistione tra bulino, acquaforte e puntinato (o acquaforte a granito) che vediamo nel Ritratto di Lord Thurlow (PN 21309). (Fig. 13) L’acquaforte a granito era una moderna tecnica incisoria che Rosaspina adottò copiosamente nella sua produzione artistica a partire dal 1780 sull’esempio delle stampe di Bartolozzi che il giovane aveva potuto vedere all’interno delle già menzionate collezioni nobiliari della città [63]
Se le stampe provenienti dalla raccolta Rosaspina costituiscono solamente una parte del complesso degli esemplari di Bartolozzi conservati nelle collezioni della Pinacoteca, vi sono autori che sono invece rappresentati in massima parte, quando non esclusivamente, dai fogli scelti dall’accademico bolognese. Si tratta di incisori contemporanei al collezionista, o di un paio di generazioni precedenti.
Tra questi vi è Jean-Joseph Balechou (Arles 1716 – Avignone 1764), di cui due incisioni su tre provengono dalla raccolta Rosaspina: una Santa Genoveffa da Carle Van Loo (PN 1180) e la traduzione di una Marina in tempesta con naufragio di Claude-Joseph Vernet (PN 28681) (Fig. 14), definita “Bellissima prova” dal collezionista e valutata 120 lire, nonostante lo stesso ne segnali la mutilazione delle lettere di cui rimangono solamente i nomi dell’inventore e dell’incisore. 
Gli artisti inglesi William Woollett (Maidstone 1735 – Londra 1785) e John Browne (Oxford 1719 – ? 1790) sono rappresentati unicamente dalla raccolta Rosaspina, rispettivamente con dieci stampe, purtroppo di modesta qualità, e con due avanti lettera, una delle quali derivata dal Paesaggio con Apollo e le Sibille (PN 35260) eseguito in diverse copie da Salvator Rosa. (Fig. 15)
Due stampe di Robert Strange (Kirkwaa 1721 – Londra 1792) aggiungono un tassello al piccolo gruppo di sei fogli complessivi della Pinacoteca in cui si riflette la passione per la pittura italiana. Rosaspina scelse di rappresentarlo con il Belisario (PN 1165) da Salvator Rosa (Roma, Galleria Doria Pamphilj) e l’Apparizione di Gesù alla madre (PN 1187) da Guercino (Cento, Civica Pinacoteca il Guercino), entrambe quotate con la modica cifra di 15 lire. 
Tra le rarità segnalateci dal collezionista, si evidenzia un ante litteram, e presumibilmente unico stato [64], di Gaetano Gandolfi (San Metteo della Decima 1734 – Bologna 1802) con la riproduzione dell’Adorazione dei pastori di Niccolò dell’Abate, (Fig. 16) il perduto affresco che la letteratura artistica bolognese, a partire da Francesco Cavazzoni, ricorda sotto al portico di Palazzo Leoni [65]. La collocazione è indicata altresì nell’iscrizione in latino presente negli esemplari noti della stampa, mentre in questo sono riportati solamente i nomi degli autori. Pur nella rarità la stampa di Gandolfi (PN 1198), unica nella raccolta Rosaspina, è stimata 30 lire.
Giudicata da Rosaspina “Capitale e bellissima prova” e quotata 100 lire è l’incisione, primo stato su tre, dell’artista boemo Wenceslaus Hollar (Praga 1607-Londra 1677), raffigurante la Lepre appesa (PN 1158)(Fig. 17) la cui ideazione è riferita nell’iscrizione a Pieter Boel. L’esemplare, in cui emergono la sofisticata composizione su più piani e la forte resa naturalistica degli animali, integra e si distanzia dai numerosi soggetti di caccia contenuti nel volume 58 della Pinacoteca, indagati con finalità di repertorio a cui erano probabilmente destinate.
Chiudiamo questo breve sguardo sulla raccolta con un ulteriore tributo alla pittura di genere fiamminga, una Scena d’osteria (PN 1156) eseguita dall’incisore tedesco Georg Friedrich Schmidt (Wandlitz 1712 – Berlino 1775) sul dipinto di Adriaen Van Ostade (Fig. 18). 

Fig. 4: Johann Georg Wille, Riposo dalla fuga in Egitto (da Christian Wilhelm Ernest Dietrich), bulino e acquaforte, mm 285×225, @ Bologna, Pinacoteca Nazionale, Gabinetto Disegni e Stampe, PN 1146.

Fig. 5: Gérard Audran, Il sogno (da Charles Le Brun), bulino, mm 260×368, @ Bologna, Pinacoteca Nazionale, Gabinetto Disegni e Stampe, PN 1174.

Fig. 6: Gérard Edelinck, Sacra Famiglia con San Giovannino e Sant’Anna, detta Sacra Famiglia di Francesco I, (da Raffaello), bulino, smarginata, mm 445×306, @ Bologna, Pinacoteca Nazionale, Gabinetto Disegni e Stampe, PN 1141.

Fig. 7: Gérard Edelinck, Quattro cavalieri in combattimento, o Disputa dello Stendardo, (da Rubens), bulino, smarginata, mm 458×612, @ Bologna, Pinacoteca Nazionale, Gabinetto Disegni e Stampe, PN 28644.

Fig. 8: Giuseppe Longhi, Visione di Ezechiele (da Raffaello), bulino, smarginata, mm 415×321, @ Bologna, Pinacoteca Nazionale, Gabinetto Disegni e Stampe, PN 1191.

Fig. 9: Christian Friederich Müller, San Giovanni Evangelista (da Domenichino), bulino, smarginata, mm 406×323, @ Bologna, Pinacoteca Nazionale, Gabinetto Disegni e Stampe, PN 35245

Fig. 10: Auguste Desnoyers- Boucher, Ritratto di Napoleone I Imperatore (François Gerard), bulino, mm 722×510, @ Bologna, Pinacoteca Nazionale, Gabinetto Disegni e Stampe, PN 21532

Fig. 11: Agostino Carracci e Francesco Brizio, San Gerolamo penitente, bulino, mm 390×279, @ Bologna, Pinacoteca Nazionale, Gabinetto Disegni e Stampe, PN 21311

Fig. 12: Agostino Carracci, Ecce Homo (da Correggio), 1587, bulino, smarginata, mm 377 x 265, @ Bologna, Pinacoteca Nazionale, Gabinetto Disegni e Stampe, PN 1205.

Fig. 13: Francesco Bartolozzi, Ritratto di Lord Thurlow (da Joshua Reynolds), 1782, bulino, acquaforte e puntinato (acquaforte a granito), mm 503 x 377, @ Bologna, Pinacoteca Nazionale, Gabinetto Disegni e Stampe, PN 21309

Fig. 14: Jean-Joseph Balechou, Marina in tempesta con naufragio (da Claude-Joseph Vernet), acquaforte, smarginata, mm 560 x 420, @ Bologna, Pinacoteca Nazionale, Gabinetto Disegni e Stampe, PN 28681

Fig. 15: John Browne, Paesaggio con Apollo e le Sibille (da Salvator Rosa), acquaforte, smarginata, mm 780 x 560, @ Bologna, Pinacoteca Nazionale, Gabinetto Disegni e Stampe, PN 35260

Fig. 16: Gaetano Gandolfi, Adorazione dei pastori (da Niccolò dell’Abate), bulino, mm 292 x 448, @ Bologna, Pinacoteca Nazionale, Gabinetto Disegni e Stampe, PN 1198

 

Fig. 17: Wenceslaus Hollar, La lepre appesa (da Pieter Boel), acquaforte, smarginata, mm 270 x 192, @ Bologna, Pinacoteca Nazionale, Gabinetto Disegni e Stampe, PN 1158

Fig. 18: Georg Friedrich Schmidt, Scena d’osteria (da Adriaen Van Ostade), acquaforte, mm 291 x 219, @ Bologna, Pinacoteca Nazionale, Gabinetto Disegni e Stampe, PN 1156

Il seguito della raccolta Rosaspina: gli acquisti mancati 

Il 18 luglio 1834, Rosaspina indirizza una seconda offerta di vendita a Don Giuseppe Mezzofanti, “Primo custode della Biblioteca Vaticana di Roma” [66], affinché interceda per l’acquisto, a vantaggio della Pontificia Accademia di Belle Arti di Bologna, delle stampe raccolte successivamente alla vendita del 1811, come integrazione a quelle già acquistate dalla Regia Accademia. Anche questo nuovo nucleo di incisioni, “di un numero di poco meno di cento”, era a disposizione della scuola di incisione. La lettera non è seguita da un elenco e neppure da testimonianze che suggeriscano il buon esito della proposta.
Un dettagliato elenco, invece, incrementato e in duplice copia, fu allegato a un accordo col titolo: “Elenco delle Stampe/ di Ragione del Sig. Raffaele Rosaspina e servir deve a coredare la scrittura privata delli 15 dicembre 1841 fatta fra il suddetto Raffaele ed il Sig. Professore Gaetano Guadagnini”
[67]. Analoga per grafia, impaginato e informazioni all’elenco delle stampe vendute nel 1811, questa nuova lista contiene 173 stampe, numerate singolarmente dal n. 300 al n. 473, a cui viene aggiunto il riferimento a complessivi “45 Ritratti disegnati dal Professor Rosaspina delli principali incisori per decorare lo studio del Professore”, stimati tre scudo l’uno, per un totale di 1597 scudi, comprese le cornici e i cristalli. L’elenco è datato 7 gennaio 1842 ed è sottoscritto da Gaetano Guadagnini, Raffaele Rosaspina e dai due testimoni Antonio Marchi e Raffaele Radisini. L’accordo prevedeva che il Professore di incisione si adoperasse per vendere al governo o ad altri “la collezione di stampe e disegni” [68] che Francesco Rosaspina aveva lasciato in eredità ai figli, pagando a Raffaele un compenso di 700 scudi romani, con la clausola che se la collezione fosse stata venduta a un prezzo maggiore, il profitto sarebbe stato diviso nella misura di tre quarti per Rosaspina e di un quarto per Guadagnini. Per contro, se nel corso di cinque anni nessuna vendita fosse stata perfezionata, i fogli e il compenso sarebbero stati rispettivamente resi, a meno che Guadagnini non avesse deciso di fare sua la collezione.
Nel novembre del 1846 la nota venne integrata col riferimento alla restituzione del denaro con gli interessi pari a 210 scudi e la cessione delle seguenti opere: “Il disegno della Pietà di Guido Reni eseguito dal fu Sig. Francesco Rosaspina”, del valore di 210 scudi, “La Assunta di Guido, incisa da Garavaglia e Anderloni” e “Il Giacobbe d’Apiani incisa da Garavaglia”, del valore di 40 scudi ognuna. 
Nella disponibilità di Gaetano Guadagnini ad assecondare le richieste di Raffaele Rosaspina si evince la volontà di conservare per gli allievi dell’Accademia questo ulteriore nucleo di stampe a integrazione di quelle acquistate, ma nell’anticipo dei soldi e nella generosità che emerge tra le righe dell’accordo è altrettanto evidente la portata dell’affetto per il compianto maestro.
In piena corrispondenza a quanto veniva delineato dallo stesso Francesco Rosaspina a Mezzofanti nel 1834, l’aggiornamento collezionistico, che si delinea scorrendo la lista delle opere, integrava sia la rappresentanza dei principali incisori con nuove opere prima non presenti, sia “i grandi progressi fatti in questa bell’arte negli ultimi trent’anni essendosi pubblicate stampe bellissime non solo nelle nazioni oltramontane, ma distintamente nella nostra Italia” [69]. Ecco quindi apparire, assieme gli incisori italiani e stranieri di consolidata fama, i rappresentanti della nuova generazione, come Pietro Anderloni, allievo dell’amico Giuseppe Longhi e Giuseppe Asioli, allievo e genero dello stesso Rosaspina. 
I tentativi di Guadagnini di vendere al Governo Pontificio le stampe proposte da Raffaele Rosaspina sono enucleati in una serie di note conservate presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna [70], ma il tutto sembra non aver trovato compimento.  

Note

[1] Abbreviazioni archivistiche: ASP: Archivio Storico della Pinacoteca Nazionale di Bologna; ASBo: Archivio di Stato di Bologna; AABABo: Archivio dell’Accademia di Belle Arti di Bologna; BCfo, Piancastelli: Biblioteca Comunale Aurelio Saffi di Forlì, Raccolta Piancastelli, sezione Carte Romagna.
[2] ASBo, Prefettura del Reno, Tit. 13, Rub. 7. Musei e Pinacoteche, 1811.
[3] Un accenno all’acquisto delle stampe ricavato dalla disamina dell’archivio si trova in, Bernucci-Pasini 1995, p. 56.
[4] BCfo, Piancastelli, B 394 – da 214 a 252. I tre allegati citati corrispondono alle carte: 215 (elenco delle stampe), 235 (processo verbale, in copia conforme) e 236 (rinuncia alla proprietà). L’acquisizione della collezione Rosaspina per l’Accademia di Belle Arti di Bologna venne citata da Pier Giorgio Pasini in Bernucci-Pasini 1995, p. 56.
[5] Cammarota 2004, pp. 530-531. Il verbale del passaggio di beni cita 161 incisioni “già appartenenti alla R.a Accademia, che sono esposte nella sala N”. Poiché nell’Inventario delle stampe redatto nel 1870, firmato nel 1874 e consegnato alla Pinacoteca ne risultano 240 (Inventario delle proprietà mobili dello Stato esistenti al 31 dicembre 1870 nell’Accademia di Belle Arti di Bologna, sottoscritto il 16 aprile 1874 dall’economo agente consegnatario A. Muratori, Doc. E, ASP, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe), si pensa che siano state indicate solo quelle della stanza N.
[6] Ministero della Pubblica Istruzione, Inventario delle proprietà mobili dello Stato esistenti al 31 dicembre 1870 nell’Accademia di Belle Arti di Bologna, sottoscritto il 16 aprile 1874 dall’economo agente consegnatario A. Muratori, Doc. E, ASP, Gabinetto dei Disegni e delle Stampe; Faietti 1983, p. 77.
[7] La provenienza è indicata nel database, completa del numero progressivo con cui i singoli beni sono annotati nell’Inventario dei beni dell’Accademia (Doc. E); su quest’ultimo sono parzialmente annotati a matita i corrispondenti numeri di inventario della Pinacoteca (PN).
[8] BCfo, Piancastelli, B 394 - 78.
[9] BCfo, Piancastelli, B 394 – 214 e 215. La lettera non riporta la data, trascritta invece, presumibilmente dall’economo della Prefettura, sull’elenco allegato: 23 settembre 1810. Nel medesimo fondo è conservata una lettera autografa con la proposta d’acquisto al Ministro dell’Interno datata 19 settembre 1810 (c. 162).
[10] L’ingiallimento, in alcuni casi, è stato probabilmente favorito anche dall’utilizzo di colle per il controfondo.
[11] Lettera al Presidente dell’Accademia di Belle Arti di Bologna, BCSFo, Sezione Carte Romagna, busta 394, c. 78. La disponibilità delle stampe per gli allievi precedente all’acquisto e l’informazione stessa dell’acquisto sono riportate in Cappi 1846, pp. 184-185.
[12] Lettera del 19 settembre 1810, indirizzata al Ministro dell’Interno, BCSFo, Sezione Carte Romagna, busta 394, c. 162.
[13] BCfo, Piancastelli, B 394 - 228.
[14] Ibid.
[15] BCfo, Piancastelli, B 394 - 229, 231e 233; ASBo, Prefettura del Reno, Tit. 13, Rub. 7. Musei e Pinacoteche, 1811.
[16] BCfo, Piancastelli, B 394 - 80.
[17] BCfo, Piancastelli, B 394 - 202.
[18] BCfo, Piancastelli, B 394 - 235. L’Archivio detiene la copia conforme del verbale, sottoscritta da Francesco Alberi facente funzione di Protosegretario dell’Accademia
[19] Lugt 1978, n. L. 607a.
[20] Cammarota 1997, pp. 554-555; Emiliani 2015, pp. 260-278.
[21] Morigi Govi 2024, p. 222.
[22] Per Ludovico Aurelio Savioli e Cesare Massimiliano Gini si veda Rossoni-Piazzi 2017 (con bibliografia precedente). L’articolo sottolinea il ruolo di Savioli nell’impresa Ludovico Inig, che la critica sino a quel momento aveva ignorato identificando come editore il solo Gini. Alla morte di Aurelio nel 1788, Gini divenne l’unico proprietario dell’editoria ma l’attività rallentò enormemente sino alla presumibile chiusura del 1792.
[23] Bernucci 1995, pp. 90-95.
[24] Per le notizie biografiche su Francesco Rosaspina, oltre a quanto citato, si è fatto particolare riferimento a Bernucci-Pasini 1995. Le notizie riportate in questo volume biografico sono in massima parte desunte dalla documentazione conservata in BCfo, Piancastelli, B 394 e B 395.
[25] Bolognini Amorini 1842, pp. 7-8; Cappi 1843 (ed. 1846), p. 183.
[26] La collezione di stampe Savioli è parimenti conservata presso il Gabinetto Disegni e Stampe della Pinacoteca a cui pervenne a seguito della vendita da parte di Ludovico, padre di Augusto, all’Istituto delle Scienze nel 1789 (cfr. Rossoni 2008; Rossoni-Piazzi 2017, p. 36).
[27] Cappi 1843 (ed. 1846), pp. 182-183.

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Rossoni – M. L. Piazzi, Ludovico Aurelio Savioli “ciamberlano dell’Elettore Palatino di Baviera” e la collezione di stampe della Pinacoteca Nazionale di Bologna, in Dialogo tra Italia e Germania. Arte, Letteratura, Musica, a cura di M. Pigozzi con la collaborazione di E. Giovannini, Bologna 2017, pp. 21-49 e pp. 150-159, tavv. 6-15.

Candi 2016
F. Candi, D’après le Guide. Incisioni seicentesche da Guido Reni, collana Nuovi diari di lavoro n. 3 della Fondazione Federico Zeri, Bologna 2016.

Dinoia 2017
R.
Dinoia, Rosaspina, Francesco in, Dizionario biografico degli Italiani, vol. 88, 2017 (https://www.treccani.it/enciclopedia/francesco-rosaspina_(Dizionario-Biografico) pagina web consultata in data 23 maggio 2025).

Bocconi 2019
G.
Bocconi, Leonardo tradotto: la battaglia di Anghiari e il combattimento dei quattro cavalieri di Gerard Edelinck, in <<Horti Hesperidum>>, 9, 219, pp. 369-391.

Raffaello 2020
Raffaello 1520-1483, catalogo mostra a cura di M. Faietti e M. Lanfranconi con Francesco P. Di Teodoro, Vincenzo Farinella (Roma 2020), Milano, 2020.

Landi 2021
E. Landi, Palazzo Leoni. Una guida, Bologna, 2021.

Morigi Govi 2024
C. Morigi Govi, Cesare Massimiliano Gini (1737-1821), “cultore intelligentissimo delle belle arti”, in <<Arte a Bologna. Bollettino dei Musei Civici d’Arte Antica 9-10/2023-2024>>, Studi in onore di Massimo Medica, Cinisello Balsamo 2024, pp. 220-225.