Articolo 2 di 7

Organicismi onirici dopo l’Informale

Organicismi onirici dopo l’Informale

Al volgere degli anni Sessanta, i ribollenti materismi dell’Informale, fioriti nel decennio precedente, si mitigano in favore di nuove ricerche figurali. Si delinea così una situazione che i critici Enrico Crispolti e Roberto Sanesi, assieme a un Emilio Tadini non ancora pittore, hanno definito “possibilità di relazione”, un compromesso stilistico che vede emergere dai palpiti della materia informe frammenti iconici dai contorni più netti e marcati, articolati in nuovi spazi virtuali, ma ancora carichi di umori organici [1]Su questa situazione e sui suoi sviluppi si vedano Crispolti Sanesi Tadini 1960, Crispolti 1968, Crispolti Sanesi Tadini 1970 e Casero 2012.
. Questa situazione non si impone rispetto alla precedente nel segno del rifiuto o della rivolta, quanto piuttosto in quello di «un’evoluzione, di una crescita interna»: il mondo, che prima veniva avvicinato «allo stato fluido», come «massa informe e vischiosa», ora si è come «rappreso e coagulato, spaccandosi in una miriade di elementi», sviluppando «spigoli e contorni» insieme a vaghi «tratti fisionomici» che fino ad allora erano stati soppressi, negati, considerati troppo «idiomatici» [2]Barilli 1963, pp. 148-149.
. Le vie di questa “relazione” sono molteplici e si fanno avvertire con perfetto tempismo anche nel campo della produzione grafica, in dialogo con le coeve emergenze pittoriche. La trasposizione dell’Informale materico in grafica ha visto, in molti casi, un certo ritardo rispetto alla sua emergenza in pittura, per ragioni dettate, a nostro avviso, dalla problematica compatibilità tra i suoi presupposti poietici e le più tradizionali tecniche grafiche [3]È ciò che abbiamo cercato di dimostrare in Fameli 2016. . Al contrario, il recupero di un’articolazione figurativa e la riabilitazione di una virtualità spaziale delle nuove “possibilità di relazione” hanno comportato un più rapido riscontro anche nell’uso di tecniche incisorie più tradizionali, e in vari casi con risultati notevoli. Nella collezione Luciana Tabarroni, conservata al Gabinetto Disegni e Stampe della Pinacoteca di Bologna, sono presenti alcune opere ascrivibili a questa fase di ricerca che offrono lo spunto per più generali riflessioni in merito ad alcune sue diramazioni stilistiche.

L’uscita dall’Informale ha comportato sostanzialmente la riorganizzazione dello spazio pittorico secondo nuove articolazioni disegnative che hanno trovato diretta ispirazione in autori di estrazione surrealista come Arshile Gorky e Sebastian Matta, nonché in due giganti della pittura britannica di metà Novecento come Francis Bacon e Graham Sutherland. Influssi, questi, di cui risentivano molti autori italiani in quel periodo, da Bepi Romagnoni a pno Vaglieri, da Mino Ceretti ad Achille Perilli e, nella Bologna di Luciana Tabarroni, Vasco Bendini, Pirro Cuniberti, Concetto Pozzati e Sergio Vacchi. Tra i grumi dell’informe si aprono ora cosmi o micro-mondi onirici abitati da peduncoli, gameti, antenne, filamenti alieni o strani insetti. È lo stesso Crispolti a riconoscere che «la parte più viva» di questa pittura si situi in «una zona ove, in rinnovata connessione con matrici surrealiste, si ripropongono motivi magici, a volte quasi misterici». Pur non conoscendo una precisa e circoscritta codifica nell’ambito delle arti visive, questo fenomeno può trovare un suo indiretto sostegno teorico nel fenomeno letterario del Parasurrealismo, nella formulazione data da Giorgio Celli, che insiste sulle potenzialità immaginifiche e fantastiche del biologico e dell’organico: «il mondo dell’organico è il luogo dove tutto è possibile, dove si raccoglie una foglia secca ed è una farfalla mimetica, si crede di toccare un dolmen ed è un termitaio. Il fantastico è nel nostro giardino dove l’epeira tesse la sua spirale logaritmica di seta secondo i criteri di una “estetica cinestesica”, in fondo a quell’imbuto di sabbia ove si annida il formicaleone in agguato» [4]Celli 1966, p. 240. . D’altronde, il poeta Adriano Spatola, tra i teorici e fautori del Parasurrealismo letterario, avrebbe ammesso nel 1966 anche la possibilità di un Parasurrealismo in pittura individuandolo nel mantovano Renzo Margonari, sulle cui tele germina un mondo di amorfi esseri e mostruosi insetti fuoriusciti da chissà quali cassetti dell’inconscio [5]Cfr. Spatola 1966. Sull’autore mantovano si veda Micheli 2008. Non troppo dissimili da quelli di Margonari sono anche gli insetti generati nella morsura di un’acquaforte risalente al 1956 dalla pittrice italofrancese Bona Tibertelli (Tip. 31086), nipote di Filippo De Pisis, conservata in collezione Tabarroni. Quello della Tibertelli costituisce tuttavia un caso di attardata assimilazione del Surrealismo e non di un suo recupero critico: l’artista viene infatti assorbita tra le fila superstiti del movimento francese già attorno al 1947 tramite lo scrittore André Pieyre de Mandiargues, divenuto suo marito nel 1950. L’opera in questione figura infatti in una storica antologia di grafica surrealista. Cfr. Henry 1972, tav. 631. Per una conoscenza dell’artista si veda Mitayne 2009. . È proprio il versante più organicista del Surrealismo, quello al più basso rischio mimetico – lo si è già detto: Gorky, Matta, ma anche André Masson e Joan Mirò – a riemergere diffusamente nell’arte (non solo italiana) tra la fine degli anni Cinquanta e i primissimi anni Sessanta, scelta che si può certo considerare come la meno traumatica nel tentativo di uscire dall’organicismo di specie informale. Sta a dimostrarlo, pur con le dovute differenze, il sentore biomorfico comune alle acqueforti pressoché coeve di un tardo Mirò (Noctuelle, 1968, fig. 1, Tip. 30252), ormai essenziale e asciutto nel suo segno roncigliato come filo spinato, e di un Achille Perilli (Il giudizio, 1966, fig. 2, 31090), in cui il nervoso automatismo segnico derivato da Cy Twombly si salda a un nebuloso amorfismo di stampo gorkyano [6]Il grande sodale di Perilli, Gastone Novelli, interpellato proprio da Adriano Spatola, avrebbe tuttavia contestato la possibilità di un revival surrealista, rifiutandosi di accordarsi con ipotesi critiche che vedevano nel movimento francese e nelle sue tante derive internazionali il germe di questa nuova condizione figurale della pittura. Cfr. Novelli 1966, p. 246. .

 

Figura 1: Joan Mirò, Noctuelle, 1968, Tip. 30252 © Polo Museale Emilia Romagna

Figura 2: Achille Perilli, Il giudizio, 1966, Tip. 31090 © Polo Museale Emilia Romagna

 

La pregnanza grafica di questa fase di ricerca dell’artista romano è messa in luce da Filiberto Menna, quando afferma che «il momento scritturale è affidato a un linguaggio le cui unità non sono segni elementari […] ma segmenti più complessi, che tendono ad assumere l’aspetto di segni iconici di una lingua reinventata, di un idioletto che l’artista affida alla decifrazione immaginaria dell’osservatore» [7]Menna 1977, p. 169. . Anche nel caso di un autore più giovane come Concetto Pozzati, destinato a una lunga carriera tra gli “eccentrici” della Pop Art italiana, il passaggio dall’organicismo informale alla nuova figurazione oggettuale ha trovato un anello intermedio in «un certo surrealismo di origine gorkyana che, tutt’altro che immemore dei fervori organicisti dell’informale eroico, consentiva […] di iniziare una prima articolazione e descrizione di forme più sgranate, più disegnate» [8]Come rilevato nel 1964 da Renato Barilli, ora in Pozzati 1974, p. 41.. Forte è inoltre l’influenza di Matta, portato al Museo Civico di Bologna nel 1963 da Francesco Arcangeli e Franco Solmi [9]Cfr. Arcangeli Solmi 1963., favorendo anche la crescita artistica di Pirro Cuniberti e il suo transito «da una liricità privata a una liricità di relazione» [10]Da un’affermazione di Roberto Tassi riportata in Fossati Trento 1984, p. 46. che già presagiva «un interessante sviluppo metafisico-surreale» da articolarsi «in più complessi rapporti spaziali» [11]Come rilevato nel 1965 da Pietro Bonfiglioli, ora in Fossati Trento 1984, p. 76. Per ulteriori considerazioni in merito a questa fase di Cuniberti si veda Cerritelli 1991, pp. 13-18..

Il rilancio più “sfrontato” di rinnovati motivi surrealisti viene compiuto però dagli artisti milanesi in uscita dal Nuclearismo, come attesta in questa sede, in modo emblematico, la Figura ferita (1959, fig. 3, Tip. 31082) di Gianni Dova, autore presente in Possibilità di relazione insieme a un altro pittore della stessa compagine, Cesare Peverelli, di cui la collezione Tabarroni conserva un’acquaforte del 1964 intitolata Labirinto. Esauriti i fervori materici dell’Informale, i due artisti hanno perseguito, seppur con andamenti differenti, una via comune, volta alla riscoperta delle “memorie del sottosuolo” e di altri mostri dell’inconscio. Un’anima psicoanalitica, del resto, era già presente nella Pittura Nucleare, come aveva lucidamente notato Piero Manzoni [12]Come ricordato in Gualdoni 2013, p. 65., ed era perciò facile che da lì potessero germinare progressioni figurali di inquietante onirismo. La carcassa aliena della Figura ferita di Dova giace su un arido e stepposo altopiano ed è figlia di quelle fantasie «sghembe, angolari» tipiche dell’artista, costellate, come fa notare il poeta Alfonso Gatto, di «prensilità rattratte, occhi filiformi, visi rincagnati, vulcani slabbrati come ali di farfalle, esiti lunghi di deflagrazioni sottomarine, apocalissi di iridi» [13]Dal testo riportato in Dova 1973 [s.n.].. La correlazione di queste forme al «dominio di un contrasto psichico», con diretti rimandi surrealisti, è rilevato con chiarezza anche da Guido Ballo, che vede in quei fondali marini, già scorti da Gatto, «i fondi psichici della coscienza, i meandri dove si muovono esseri di incubo, come in agguato o in evoluzione da primordio» [14]Da un testo di Guido Ballo riportato in Penelope 1979, p. 76..

Figura 3: Gianni Dova, Figura ferita, 1959, Tip. 31082 © Polo Museale Emilia Romagna 

 

Sintomatica dell’evoluzione verso una figurazione onirica che avrebbe interessato vari Nuclearisti, da Aldo Bergolli a Guido Biasi [15]Sui due autori si vedano rispettivamente Montrasio Arensi Astrologo 2005 e Bignardi Gennari 2010., è anche la precoce svolta stilistica di Roberto Crippa, qui attestata dall’eloquente litografia Totem con quattro teste (1956, fig. 4, Tip. 31070), che rivela una più letterale ricezione di soluzioni surrealiste guardando ora alla scultura di Max Ernst e ai primitivismi totemici di Wifredo Lam e di Victor Brauner. Una letteralità, quella di Crippa, che si motiva con gli stretti contatti avuti con quegli stessi autori ad Albisola [16]Come segnalato in Caramel Sega 1999, p. 19., fertile e trafficato crocevia che a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta vedeva i Nuclearisti (e non solo) passare e confrontarsi con molti artisti d’avanguardia, dai Surrealisti più giovani ad alcuni tra i principali ex-esponenti del gruppo CoBrA [17]Per una panoramica dei rapporti tra i Nuclearisti e i vari esponenti dell’avanguardia europea si veda Corgnati 1998, pp. 50-64. Ancora utili anche Sauvage 1962 e Santarella 1980. Tra gli autori di estrazione nuclearista, Enrico Baj è forse colui che ha dato i risultati più consistenti e paradigmatici di questa congiuntura internazionale, essendosi trovato presto e proficuamente al centro di una rete di relazioni tanto con importanti autori surrealisti quanto con un ex-esponente di spicco del gruppo CoBrA come Asger Jorn. Sui rapporti di Baj con i Surrealisti francesi si veda Dècina Lombardi 2002, pp. 472-476; sul rapporto tra Baj e Jorn si veda invece Baj Jorn 1989. . Anche di questi ultimi, la collezione Tabarroni conserva mirabili incisioni: Quelques vieilles lignes III (1962) di Pierre Alechinsky, Tête pour Heinz (1974, Tip. 30856) di Karel Appel, Paysage (1971, fig. 5, Tip. 30859) di Corneille e Infirmière enceinte (1952) di Asger Jorn, utili a evidenziare in questa sede la spiccata vena figurale dei loro autori che, come fa notare più volte Crispolti, hanno indirettamente patrocinato, in parte, l’iconismo “di relazione” da lui stesso teorizzato.

Figura 4: Roberto Crippa, Totem con quattro teste, 1956, Tip. 31070 © Polo Museale Emilia Romagna

Figura 5: Corneille, Paesaggio, 1971, Tip. 30859 © Polo Museale Emilia Romagna

 

Come loro, anche il francese Jean Dubuffet non ha mai smesso di far affiorare la figura dai magmi indistinti di testure “materiologiche”, ora calandola in un più ampio respiro di spazio, come nel caso della litografia presente in collezione (Figura, 1962, fig. 6, Tip. 29861) ora incastonandola in più ermetici puzzle pittorici. Il più audace esempio di spazialità dialettica o relazionista, per restare alla terminologia di Crispolti, è stato però dato sul piano internazionale da Francis Bacon che, rimasto estraneo tanto al Surrealismo quanto all’Informale, ha messo a punto nella sua prima maturità un’allucinata e deformante genetica della figura umana. Nonostante la sua tarda datazione, la Figura al lavabo (1978, fig. 7, Tip. 30102) del maestro irlandese presente nella collezione bolognese condensa molte delle qualità spaziali cui la pittura baconiana era giunta già nei primi anni Sessanta, con quinte ipotetiche costruite al limite tra la saturità del colore-superficie e l’allusa profondità di sezioni para-prospettiche.

 

  

Figura 6: Jean Dubuffet, Figura, 1962, Tip. 29861 © Polo Museale Emilia Romagna

Figura 7: Francis Bacon, Figura al lavabo, 1978, Tip. 30102 © Polo Museale Emilia Romagna

 

Elementi geometrici che, come rileva Gilles Deleuze, permettono di isolare la figura senza costringerla all’immobilità, ma collocandola entro un possibile “campo operativo”: è questo un espediente per “esorcizzare” il carattere figurativo e narrativo dell’immagine senza optare per una via completamente astratta [18]Deleuze 1995, pp. 14-15.. Lo notava già Enrico Crispolti accennando, per Bacon, a una «figurazione del vuoto che isola l’uomo» in un sistema di rapporti orizzontali interni che ritroviamo anche in autori italiani del cosiddetto Realismo Esistenziale quali Mino Ceretti, Bepi Romagnoni o Tino Vaglieri, presenti nella fatidica mostra romana del 1960. Denominatore comune a tutte queste diversificate vie è, dunque, una rinnovata concezione dell’immagine come organismo decomposto, decostruito, praticamente invertebrato, come privo di struttura ossea. A questo stadio di evoluzione, l’immagine assume infatti tratti somatici più definiti, ma si presenta ancora confusa, priva di una gerarchia interna, come un “corpo senza organi”, potremmo dire ancora con Deleuze: unità fluida e imprendibile in cui sistoli, diastoli, dilatazioni e contrazioni dettano le leggi formali di una più aperta e mobile fisiologia della visione.

Note

[1] Su questa situazione e sui suoi sviluppi si vedano Crispolti Sanesi Tadini 1960, Crispolti 1968, Crispolti Sanesi Tadini 1970 e Casero 2012.

[2] Barilli 1963, pp. 148-149.

[3] È ciò che abbiamo cercato di dimostrare in Fameli 2016.
[4] Celli 1966, p. 240.
[5] Cfr. Spatola 1966. Sull’autore mantovano si veda Micheli 2008. Non troppo dissimili da quelli di Margonari sono anche gli insetti generati nella morsura di un’acquaforte risalente al 1956 dalla pittrice italofrancese Bona Tibertelli (Tip. 31086), nipote di Filippo De Pisis, conservata in collezione Tabarroni. Quello della Tibertelli costituisce tuttavia un caso di attardata assimilazione del Surrealismo e non di un suo recupero critico: l’artista viene infatti assorbita tra le fila superstiti del movimento francese già attorno al 1947 tramite lo scrittore André Pieyre de Mandiargues, divenuto suo marito nel 1950. L’opera in questione figura infatti in una storica antologia di grafica surrealista. Cfr. Henry 1972, tav. 631. Per una conoscenza dell’artista si veda Mitayne 2009.
[6] Il grande sodale di Perilli, Gastone Novelli, interpellato proprio da Adriano Spatola, avrebbe tuttavia contestato la possibilità di un revival surrealista, rifiutandosi di accordarsi con ipotesi critiche che vedevano nel movimento francese e nelle sue tante derive internazionali il germe di questa nuova condizione figurale della pittura. Cfr. Novelli 1966, p. 246.
[7] Menna 1977, p. 169.
[8] Come rilevato nel 1964 da Renato Barilli, ora in Pozzati 1974, p. 41.
[9] Cfr. Arcangeli Solmi 1963.
[10] Da un’affermazione di Roberto Tassi riportata in Fossati Trento 1984, p. 46.
[11] Come rilevato nel 1965 da Pietro Bonfiglioli, ora in Fossati Trento 1984, p. 76. Per ulteriori considerazioni in merito a questa fase di Cuniberti si veda Cerritelli 1991, pp. 13-18.
[12] Come ricordato in Gualdoni 2013, p. 65.
[13] Dal testo riportato in Dova 1973 [s.n.].
[14] Da un testo di Guido Ballo riportato in Penelope 1979, p. 76.
[15] Sui due autori si vedano rispettivamente Montrasio Arensi Astrologo 2005 e Bignardi Gennari 2010.
[16] Come segnalato in Caramel Sega 1999, p. 19.
[17] Per una panoramica dei rapporti tra i Nuclearisti e i vari esponenti dell’avanguardia europea si veda Corgnati 1998, pp. 50-64. Ancora utili anche Sauvage 1962 e Santarella 1980. Tra gli autori di estrazione nuclearista, Enrico Baj è forse colui che ha dato i risultati più consistenti e paradigmatici di questa congiuntura internazionale, essendosi trovato presto e proficuamente al centro di una rete di relazioni tanto con importanti autori surrealisti quanto con un ex-esponente di spicco del gruppo CoBrA come Asger Jorn. Sui rapporti di Baj con i Surrealisti francesi si veda Dècina Lombardi 2002, pp. 472-476; sul rapporto tra Baj e Jorn si veda invece Baj Jorn 1989.
[18] Deleuze 1995, pp. 14-15.

Bibliografia

Arcangeli Solmi 1963

Arcangeli, Solmi (a cura di), Sebastian Matta. Mostra antologica, Bologna, 1963.

 

Baj Jorn 1989

Baj-Jorn. Lettres 1953-1961, Saint-Etienne, 1989.

 

Barilli 1963

Barilli, Dall’“assemblage” allo spazio prospettico (1963), in Id., Informale Oggetto Comportamento. La ricerca artistica negli anni ’50 e ’60, vol. 1, Milano, 2006, pp. 148-159.

 

Bignardi Gennari 2010

Bignardi, Gennari (a cura di), Guido Biasi. Un inquieto antirinascimentale, Salerno, 2010.

 

Caramel Sega 1999

Caramel, Sega (a cura di), Roberto Crippa, Milano, 1999.

 

Casero 2012

Casero, Nuove “possibilità di relazione”: l’Informale dopo l’Informale, in “Ricerche di S/Confine”, 2012, 3 (rivista on line: www.ricerchedisconfine.info).

 

Celli 1966

Celli, Il grande trasparente, in “Marcatré / Malebolge”, 1966, 26-29, pp. 239-240.

 

Cerritelli 1991

Cerritelli, Pirro Cuniberti, Bologna, 1991.

 

Corgnati 1998

Corgnati (a cura di), Arte a Milano 1946-1959. Il Movimento Nucleare, Sondrio, 1998.

 

Crispolti Sanesi Tadini 1960

Crispolti, Sanesi, E. Tadini, Possibilità di relazione, Roma, 1960.

 

Crispolti 1968

Crispolti, Ricerche dopo l’Informale, Roma, 1968.

 

Crispolti Sanesi Tadini 1970

Possibilità di relazione. Una mostra dieci anni dopo, Ferrara, 1970.

 

Dècina Lombardi 2002

Dècina Lombardi, Surrealismo 1919-1969. Ribellione e immaginazione, Roma, 2002.

 

Deleuze 1995

Deleuze, Francis Bacon. Logica della sensazione (1981), trad. it., Macerata, 1995.

 

Dova 1973

Gianni Dova, Firenze, 1973.

 

Fameli 2016

Fameli, Segno, gesto e materia nell’opera moltiplicata, in “Aperto. Bollettino del Gabinetto dei Disegni e delle Stampe della Pinacoteca Nazionale di Bologna”, 2016, 3 (rivista on line: aperto.pinacotecabologna.beniculturali.it).

 

Fossati Trento 1984

Fossati, Trento (a cura di), Pirro Cuniberti. Vita d’artista, Bologna, 1984.

 

Gualdoni 2013

Gualdoni, Piero Manzoni. Vita d’artista, Milano, 2013.

 

Henry 1972

Henry, Antologia grafica del Surrealismo, Milano, 1972.

 

Menna 1977

Menna, La linea analitica, in Dall’opera al coinvolgimento, Torino, 1977.

 

Micheli 2008

Micheli (a cura di), Renzo Margonari. Mezzo secolo di surrealismo. Opere dal 1958 al 2008, Mantova, 2008.

 

Mitayne 2009

Mitayne, Bona De Pisis. Nella spirale della creazione (1950-2000), in “Letteratura & Arte”, 2009, 7, pp. 219-234.

 

Montrasio Arensi Astrologo 2005

Montrasio, Arensi, Astrologo (a cura di), Aldo Bergolli e il suo tempo, Milano, 2005.

 

Novelli 1966

Novelli Purché sia una chiesa…, in “Marcatré / Malebolge”, 26-29, 1966, p. 246.

 

Penelope 1979

Penelope (a cura di), Pittura fantastica, oggi, Bari, 1979.

 

Pozzati 1974

Concetto Pozzati, Venezia, 1974.

 

Sauvage 1962

Sauvage, Arte nucleare, Milano, 1962.

 

Santarella 1980

Santarella (a cura di), Arte Nucleare 1951-1957, Milano, 1980.

 

Spatola 1966

Spatola, Renzo Margonari. Una poetica parasurrealista, in Margonari, Macerata, 1966.

Indice
Pasquale Fameli
Organicismi onirici dopo l’Informale
Organicismi onirici dopo l’Informale Note Bibliografia Scarica la versione in PDF