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Anni Ottanta. Le “ripetizioni differenti”

Anni Ottanta. Le “ripetizioni differenti”

Al volgere degli anni Ottanta molti operatori culturali abbandonarono le pratiche artistiche legate alle cosiddette “Neo avanguardie dure” (Minimalismo, Antiform, Arte Povera e Arte Concettuale), in favore di ricerche tese a coniugare l’estetica contemporanea con un certo grado di appeal secondo canoni meno ‘impegnati’, volti per lo più alla rivisitazione degli stili del passato. Si trattò, insomma, di quel tipico fenomeno di ‘implosione’ e di ‘ritorno all’ordine’ che, ciclicamente, si ripresenta nella storia dell’arte contemporanea secondo modalità di volta in volta diverse o, per usare un’etichetta resa celebre dalla metà degli anni Settanta dal noto critico Renato Barilli, di una nuova stagione all’insegna della “ripetizione differente” [1]Cfr. Barilli 1974 (1).. In breve, come già era successo allo scadere del diciottesimo secolo con il Neoclassicismo, alla metà di quello successivo con i Preraffaelliti e, infine, nella prima metà del Novecento con la Metafisica di Giorgio De Chirico [2]Cfr. Barilli 1974 (2)., a cavallo fra l’ottavo e il nono decennio del Ventesimo secolo tutta una schiera di artisti presagì che la ‘ricerca del nuovo’ a tutti i costi stava volgendo al termine e, quindi, era necessario fermarsi e ripartire da ciò che sino a quel momento si era lasciati ‘sprezzantemente’ dietro le spalle. Detto altrimenti, le poderose operazioni di azzeramento e di fuoriuscita dai principi dell’arte tradizionale che avevano caratterizzato i due decenni precedenti, avevano esaurito (momentaneamente) la loro portata innovatrice; unica via di uscita possibile virare completamente, mettere per così dire la retromarcia e andare a ripercorre alcune strade già tracciate, avendo tuttavia l’accortezza di non riattraversale in maniera pedissequa ma, al contrario, di riscoprirle con occhi nuovi, disincantati, consapevoli appunto che si trattava di una “ripetizione differente”. A livello generale tutto ciò rientra, come noto, nella variegata galassia del Postmodern, ovverosia in un contesto storico-culturale in cui gli artisti più attenti, dichiarata per l’ennesima  volta “la morte dell’arte”, ne resuscitano prontamente la ‘salma’ con un fare misto di nostalgia, curiosità e sfrontata dissacrazione: “dopo tutto, visto che è piuttosto morta [l’arte], possiamo anche divertirci a esaminarne il cadavere” [3]Jencks 1977, p. 10.. Strettamente legata a questo clima di ‘nuova rinascenza’ fu, ovviamente, anche la  riappropriazione da parte degli artisti delle tecniche tradizionali care al mondo delle “Belle Arti”. In particolare la grafica, negli anni precedenti in parte trascurata in favore di opere più  smaterializzate o, viceversa, espanse nello spazio, beneficiò in maniera privilegiata di questo nuovo Zeitgeist, grazie soprattutto all’apporto di artisti già affermati e di altri più giovani che si riavvicinarono alla litografia, all’acquaforte, all’acquatinta, alla serigrafia o alla cera molle con un nuovo e più libero ‘spirito accademico’, dando vita a composizioni di ampio e prolifico respiro creativo. Tra queste “ripetizioni differenti” troviamo dunque, accanto a lavori di personalità consolidate come Lucian Freud (1922-2011) (Portrait of Bruce Bernard, 1985, Tip. 30128), Peter Blake (1932) (Study for a poster for Frankestein, 1987, Tip. 30150), Greta Schödl (1929) (Foglie di ginkobiloba e scritta ripetuta, 1984, Tip. 29299) ed Emilio Tadini (1927-2002) (Frammento di natura morta con vaso, bottiglia, bicchiere, 1981, Tip. 31095), opere di artisti che rivisitano le stanze di un museo ideale, affrontando di volta in volta linguaggi espressivi del passato tra i più disparati, che vanno da una rappresentazione di tipo non oggettuale (aniconica), a quella propriamente figurativa (iconica), in cui oggetti, personaggi o paesaggi si riappropriano prepotentemente dello spazio del foglio. All’interno del primo gruppo si possono citare, a titolo esemplificativo, alcuni lavori che rileggono in chiave contemporanea le esperienze legate all’Informale storico come, ad esempio, le stampe realizzate dagli inglesi Howard Hodgkin (1932-2017) [4]Cfr., Hodgkin, Knowles 1983; Hodgkin, Hardy, Crispolti 1983; s.a. (Tate Gallery) 1988. (Cardo’s bar – black, 1979, Tip. 30147; Cardo’s bar – red, 1979, Tip. 30148, figg.1-2) e Albert Irvin (1922-2015) [5]Cfr., Beaumont 2010. (The poet or painter steers his life to main, 1987, fig.3, Tip. 30129), nelle quali essi ripropongono nuovamente un linguaggio basato da un lato sull’esaltazione delle qualità ‘organiche’ della materia cromatica e, dall’altro, sulla rapidità del gesto ‘istintivo’ che traccia il segno sul foglio. Sulla http://aperto.pinacotecabologna.beniculturali.it/opere/tip-30147stessa via si pongono anche i lavori di Hugh O’Donnell (1950) [6]Cfr., O’Donnell 1990. (Composizione astratta, 1985, fig. 4, Tip. 30186) e di Patrick Heron (1920-1999) [7]Cfr., Gooding 1995. (Garden print, 1987, fig. 5, Tip. 30122), sempre di area britannica; questi ultimi però, rispetto ai colleghi sopra citati, utilizzano nelle loro composizioni colori più accesi, quasi fluo, in piena sintonia con i ‘coloratissimi anni Ottanta’.   Figura 1: Howard Hodgkin, Cardo’s bar – black, 1979, Tip. 30147 © Polo Museale Emilia Romagna Figura 2: Howard Hodgkin, Cardo’s bar – red, 1979, Tip. 30148 © Polo Museale Emilia Romagna    Figura 3: Albert Irvin, The poet or painter steers his life to main, 1987, Tip. 30129 © Polo Museale Emilia Romagna Figura 4: Hugh O’Donnell,Composizione astratta, 1985, Tip. 30186 © Polo Museale Emilia Romagna  Figura 5: Patrick Heron, Garden print, 1987, Tip. 30122 © Polo Museale Emilia Romagna    Sempre a livello aniconico poi, troviamo anche artisti che percorrono la via inversa a quella legata all’Informale storico, ossia personalità che al mondo ‘morbido’ delle forme organiche  oppongono strutture severamente ‘rigide’, di derivazione squisitamente geometrica. Testimone di questo nuovo spirito razionale di matrice concettuale è l’acquaforte-acquatinta di Vikki Slowe (1947), Composizione astratta (Tree Views of Saturns Rings n.1) (1983, fig. 6, Tip. 30181), opera esemplare che s’inserisce perfettamente nella corrente Neo-Geo (Neo-Geometric Conceptualism) [8]Cfr., Brandt 2014; Ehmann, Klanten, Meyer 2007.. In questo lavoro, l’artista britannica scommette su una figurazione astratta, basata su forme curvilinee pure tratteggiate con rigore impeccabile, che sembra fare eco, contemporaneamente, sia alle lontane esperienze di stampo neoplastico degli anni Venti e Trenta del Novecento, sia alle successive pratiche della Optical Art degli anni Sessanta. Figura 6: Vikki Slowe, Composizione astratta (Tree Views of Saturns Rings n.1), 1983, Tip. 30181 © Polo Museale Emilia Romagna    Sul versante opposto a quello aniconico, troviamo invece una folta pattuglia di artisti legati a una raffigurazione oggettuale compiuta, anch’essa nondimeno declinata in modi differenti fra loro. Si passa, infatti, da opere che reinterpretano i linguaggi espressionisti di primo Novecento, con esiti vicini al cosiddetto Bad Painting che proprio a partire dagli anni Ottanta trovò vasto consenso nel mondo dell’arte, a quelle ancora più regressive che si rifanno addirittura a una iconografia legata all’immaginario delle popolazioni ‘barbare’ o primitive, oppure, viceversa, a grafiche per così dire ‘colte’, volte cioè alla sperimentazione di universi figurativi ‘maturi’ come quelli di matrice citazionista. Fra le opere che rilanciarono un linguaggio grafico d’impronta neo-espressionista, si può menzionare il lavoro dell’olandese Roger Vansevenant (1922-2013), Spalle maschili sovrastate da cinque teste (1982, fig. 7, Tip. 29472) e quello del belga Roger Dewint (1942), Ritratto d’uomo (1985, fig. 8, Tip. 29508). Il primo è una composizione semplice, tracciata con un segno marcato che ritaglia la strana figura policefala sullo sfondo di una stanza vuota; il tutto ricorda da vicino le tavole del collega e amico  Jean-Michel Folon, se non fosse per il tono ‘cupo’ che aleggia su tutto il foglio e che dà all’intera opera un’aria stranamente sinistra e inquietante, tipica del modo di operare dell’artista. Dewint da parte sua, da un lato sembra assimilare la lezione dell’inglese Francis Bacon con il suo particolare linguaggio informale (anch’esso, non a caso, di stampo neo-espressionista), dall’altro introduce nelle sue composizioni soluzioni più naïf, queste ultime affidate a una sorta di ‘infantilismo’ grafico che si sovrappone alle ‘figure mutanti’ che compongono il suo immaginario iconografico [9]Cfr., Dewint 2001; s.a. 2017.. Su quest’ultimo versante fa leva anche l’inglese Julian Trevelyan (1910-1988), il quale nell’acquaforte-acquatinta Paesaggio (Construction) (1987, fig. 9, Tip. 30105) abbraccia completamente la causa di un ritorno a una naïveté fantastica e incantata, in cui le esili figure inserite in una architettura elementare ricordano propriamente i disegni realizzati dai bambini [10]Cfr., Turner 2010..   Figura 7: Roger Vansevenant, Spalle maschili sovrastate da cinque teste, 1982, Tip. 29472 © Polo Museale Emilia Romagna Figura 8: Roger Dewint, Ritratto d’uomo, 1985, Tip. 29508 © Polo Museale Emilia Romagna Figura 9: Julian Trevelyan, Paesaggio (Construction), 1987, Tip. 30105 © Polo Museale Emilia Romagna   Sempre legate a un immaginario ‘puerile’ sono la cera molle e acquatinta dell’inglese Joe Tilson (1928), Composizione astratta (Liknon) (1987, fig. 10, Tip. 30135) e la linoleografia del finlandese di etnia lappone Olli Viiri (1941), Paesaggio con pesci e uccelli (1980, fig. 11, Tip. 29989). Tuttavia, in questi autori il riferimento ai primordi non è più inteso come rimando alla condizione prepuberale ma, molto più genericamente, all’infanzia delle civiltà. Nel caso di Tilson, già famoso esponente della Pop Art negli anni Sessanta, il riferimento è, come emerge chiaramente dal titolo stesso, al mondo mediterraneo preellenico, in modo particolare ai riti dionisiaci legati al ‘risveglio’ della terra e alla fertilità [λίκνον = lìknon (setaccio), il ‘vaglio mistico’, la culla primitiva di Dioniso bambino]. Viiri, invece, presenta una raffigurazione tratta direttamente dell’immaginario del folclore della popolazione Sami (pesci, uccelli, iceberg), basato su un’idea animistica della natura riconducibile al vasto ambito delle culture artiche, realizzata con uno stile che rimanda ai tradizionali manufatti artigianali locali.   Figura 10: Joe Tilson, Composizione astratta (Liknon), 1987, Tip. 30135 © Polo Museale Emilia Romagna Figura 11: Olli Viiri, Paesaggio con pesci e uccelli, 1980, Tip. 29989 © Polo Museale Emilia Romagna   Le medesime qualità ‘primitive’ sono presenti anche nel foglio del fiammingo Nico Lannoo  (1960), Figura maschile di spalle (Man met springende tong) (1985, fig. 12, Tip. 29525). Quest’ultimo, anzi, dimostra di volere andare ben oltre le civiltà arcaiche per andare a sperimentare i limiti estremi di una raffigurazione ‘bassa’, legata cioè a un segno altamente espressivo, ‘crudo’ e aggressivo che corrode maggiormente le figure sino a svuotarle dall’interno. Il risultato finale di questa operazione è la realizzazione di un’opera dallo ‘spirito preistorico’, che ricorda appunto le incisioni rupestri lasciateci dai nostri lontani antenati nelle grotte del neolitico. Figura 12: Nico Lannoo, Figura maschile di spalle (Man met springende tong), 1985, Tip. 29525 © Polo Museale Emilia Romagna   Infine, letteralmente opposta a quest’ultima soluzione ‘estrema’, troviamo artisti che, come detto, preferiscono riflettere sugli esempi provenienti dall’arte ‘erudita’, ossia che tentano di riallacciare un dialogo con le opere dell’arte moderna, dal Rinascimento sino al Barocco. Tipico in tal senso è il Ritratto di Elisabetta d’Austria con gioielli (Elisabetta d’Austria n. 2) (1980, fig. 13, Tip. 29628) di  Jiří Anderle (1936) [11]Cfr., Drury 2007. in cui la figura della futura regina di Francia è tratteggiata secondo l’iconografia classica tramandataci dai maestri del sedicesimo secolo.  Lo scarto fra il lavoro dell’artista ceco e i suoi referenti storici sta nella raffigurazione a trompe l’oeil di un vetrino rotto che funge da filtro fra noi e il ritratto della nobildonna, quasi si trattasse di uno schermo televisivo guasto che dona all’opera il sapore di uno strano oggetto di modernariato in pieno stile Steampunk. Figura 13: Jiří Anderle, Ritratto di Elisabetta d’Austria con gioielli (Elisabetta d’Austria n. 2), 1980, Tip. 29628 © Polo Museale Emilia Romagna   Iscrivibile al medesimo clima ‘citazionista’, anche l’acquaforte di Adriano Boni (1939) [12]Cfr., Boni, Trento 1986; Boni 1993., Vegetazione (1980, Tip. 31126, fig.14), in cui il sofisticato punto di vista adottato, un delicato sfondato, unito all’incorniciatura ottagonale allungata, richiama volutamente la tradizione quadraturista sei-settecentesca. Anche il soggetto trattato, un bucolico intrecci di rami d’alberi, è un palese  omaggio ai jeux de nature  di gusto Rococò. Figura 14: Adriano Boni, Vegetazione, 1980, Tip. 31126 © Polo Museale Emilia Romagna A conclusione di questo lungo percorso all’interno del variegato mondo di coloro che affrontarono una nuova stagione di ‘ritorno all’ordine’, è importante citare Davide Benati (1949) [13]Cfr., Gribaudo 2010.. La figura dell’artista reggiano, infatti, è particolarmente significativa in quanto attraverso la sua lunga carriera, si può agevolmente verificare il discorso portato avanti sin qui. La ricerca artistica condotta da Benati si svolge a partire dai primi anni Settanta all’interno della compagine sperimentale di stampo concettuale e comportamentista, per poi subire un brusco arresto seguito, allo scadere del medesimo decennio, da un convinto recupero sia dei mezzi tradizionali del fare arte, in particolare della pittura e del disegno, sia di una nuova e vorace figuratività [14]Significative in tal senso sono le sue partecipazioni nel ‘79 alle mostre Voltar pagina al Centro Cantoni di Legnano (a cura di Inga Pin), L’Estetico e il Selvaggio presso la Galleria Civica di Modena (a cura di Giorgio Cortenova), Il Nuovo Contesto allo Studio Marconi di Milano (a cura di Flavio Caroli) e nel 1980 a Nuova Immagine al Palazzo della Triennale di Milano (sempre a cura di Flavio Caroli). Nello stesso anno poi i critici Renato Barilli e Francesca Alinovi lo inseriscono nel Primo catalogo degli artisti Nuovi Nuovi.. L’acquatinta Foglie (1988, fig. 15, Tip. 31133), rientra per l’appunto in un ampio repertorio di opere in cui egli elabora una serie d’immagini desunte dalle forme semplici della natura (fiori, foglie, rami, piante) che affiorano leggere dal fondo per successive stratificazioni di trasparenze, secondo procedimenti che rilevano la straordinaria capacità dell’artista di riaffermare i diritti di un ‘saper fare’ colto e raffinato. Figura 15: Daniele Benati, Foglie, 1988, Tip. 31133 © Polo Museale Emilia Romagna   SalvaSalvaSalvaSalva SalvaSalva SalvaSalva SalvaSalva SalvaSalva SalvaSalva SalvaSalva SalvaSalva SalvaSalva SalvaSalva SalvaSalva SalvaSalvaSalvaSalva

Note

[1] Cfr. Barilli 1974 (1).
[2] Cfr. Barilli 1974 (2).
[3] Jencks 1977, p. 10.
[4] Cfr., Hodgkin, Knowles 1983; Hodgkin, Hardy, Crispolti 1983; s.a. (Tate Gallery) 1988.
[5] Cfr., Beaumont 2010.
[6] Cfr., O’Donnell 1990.
[7] Cfr., Gooding 1995.
[8] Cfr., Brandt 2014; Ehmann, Klanten, Meyer 2007.
[9] Cfr., Dewint 2001; s.a. 2017.
[10] Cfr., Turner 2010.
[11] Cfr., Drury 2007.
[12] Cfr., Boni, Trento 1986; Boni 1993.
[13] Cfr., Gribaudo 2010.
[14] Significative in tal senso sono le sue partecipazioni nel ‘79 alle mostre Voltar pagina al Centro Cantoni di Legnano (a cura di Inga Pin), L’Estetico e il Selvaggio presso la Galleria Civica di Modena (a cura di Giorgio Cortenova), Il Nuovo Contesto allo Studio Marconi di Milano (a cura di Flavio Caroli) e nel 1980 a Nuova Immagine al Palazzo della Triennale di Milano (sempre a cura di Flavio Caroli). Nello stesso anno poi i critici Renato Barilli e Francesca Alinovi lo inseriscono nel Primo catalogo degli artisti Nuovi Nuovi.

Bibliografia

Barilli 19741 Barilli, La ripetizione differente, Milano, 1974   Barilli 19742 R.. Barilli, Tra presenza e assenza. Due ipotesi per l’età postmoderna, Milano, 1974   Jencks 1977 Jencks, The Language of Post-Modern Architecture, Londra, 1977   Pin, 1980 Inga Pin, Il Nuovo contesto, Bologna 1980   Barilli, Alinovi, 1980 Barilli, F. Alinovi, Primo catalogo degli artisti Nuovi Nuovi, Torino 1980   Hodgkin, Knowles, 1983 Hodgkin, E. Knowles, Howard Hodgkin: prints 1977 to 1983, London, 1983   Hodgkin, Hardy, Crispolti, 1983 Hodgkin, M. Hardy, E. Crispolti, Howard Hodgkin:opera grafica 1977-1983, Milano, 1983   Boni, Trento, 1986 A.Boni, D. Trento, Adriano Boni: dietro la superficie, incisioni 1969-1985, Rastignano, 1986   s.a. (Tate Gallery), 1988 s.a. (Tate Gallery), The Tate Gallery 1984-86: Illustrated Catalogue of Acquisitions Including Supplement to Catalogue of Acquisitions 1982-84, London, 1988   O’Donnell, 1990 O’Donnell, Hugh O’Donnell: Recent paintings and drawings, New York, 1990   Boni, 1993 Boni, Adriano Boni: punti di vista separati:incisioni 1969-1992, Milano, 1993   Gooding, 1995 Gooding, Patrick Heron, London, 1995   Dewint, 2001 Dewint, Roger Dewint Oeuvre gravé 1971-2000 Collection du Centre de la Gravure et de l’image imprimée , La Louvière, 2001   Drury, 2007 Richard Drury, Jiří Anderle, Chrudim, 2007   Figura, Lowry, 2007 Starr Figura, Glenn D. Lowry, Luciean Freud: The Painter’s Etchings, New York, 2007   Ehmann, Klanten, Meyer, 2007 Ehmann, R. Klanten, B. Meyer, NeoGeo: A New Edge to Abstraction, Berlin, 2007   Beaumont, 2010 Mary Rose Beaumont, Albert Irvin : The Complete Prints, London, 2010   Gribaudo, 2010 Gribaudo, Davide Benati, Milano-Ginevra, 2010   Turner, 2010 Silvie Turner, Julian Trevelyan Catalogue Raisonne of Print, London, 2010   Brandt, 2014 Amy L. Brandt, Interplay. Neo-Geo Neoconceptual Art of the 1980s, Cambridge, 2014   s.a. 2017 s.a., Roger Dewint, in «Actuel. L’estampe Contemporaine», Collection Monomono n.2, Jodoigne, 2017

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Giuseppe Virelli
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